Educazione focolarina: i figli non sono bambolotti

 

Ovviamente parliamo di bambolotti di questo genere: Maria Bambina

“Ero innamorato di tutti i Padri della Chiesa. Il Crisostomo voleva fare una società di cristiani in cui anche i coniugati, vivessero da monaci. Mi pareva che questi grandi ideali fossero appartenuti ai primi tempi della Chiesa e che ai tempi attuali ormai bisognasse accontentarsi delle briciole. (Igino Giordani)

Bravo, Giordani, nessuno aveva mai messo in atto l'idea di San Giovanni Crisostomo, ma tu giustamente hai colmato la lacuna, mettendo gli sposati insieme ai focolarini a "vivere da monaci".
Se, in migliaia di anni di storia, nessuno ci aveva mai pensato, un motivo ci doveva pur essere, forse, ed infatti il nostro Igino Giordani, istituendo i focolarini sposati, ha provocato la venuta dell'anticristo e l'inizio dell'apocalisse:

Noi siamo i figli dei padri ammalati:
aquile al tempo di mutar le piume,
svolazziam muti, attoniti, affamati,
sull'agonia di un nume. (…)
Casto poeta che l 'Italia adora,
vegliardo in sante visioni assorto,
tu puoi morir!... Degli antecristi è l'ora!
Cristo è rimorto !
                   Emilio Praga, Preludio

(Gesù rassicura tutti i fedeli: "Sì, ogni volta che sento queste poesie degli Scapigliati milanesi muoio dal ridere, e a ritrovarle unite alla sparata di Giordani sono rimorto".)

“Vivessero da monaci”: attenzione, non si tratta di genitori “sacerdoti”, come i preti ortodossi o i reverendi protestanti; Igino parla di “monaci”. Com’è avere un genitore monaco? I monaci che fanno dei figli non li tengono con sé, oppure escono dal monastero per dedicarsi a loro. Cosa significa vivere l’esperienza monacale, per un figlio, fianco a fianco con il genitore? Come minimo si tratterà di un genitore… Distaccato. I voti dei monaci sono castità, povertà ed obbedienza. E si aprono scenari interessanti, se ci pensate.

Pensavo stamane: ma che ne nascerà da queste famiglie trapiantate dalla volontà di Dio, ormai famiglie vergini in mano di Dio, che si lasciano trasferire per il Regno di Dio, dove è meglio, il Regno di Dio ha bisogno di loro. E questi figlioletti che nasceranno che figli saranno? Mi sembrava che il Signore mi rispondesse: saranno figli nuovi, uomini nuovi. Loro sull’altare..., stamane, proprio lì alla messa dove sono stata, c’era un matrimonio... E lì hanno dovuto promettere che avrebbero educato cristianamente i loro figli... Ma questi che crescono in queste famiglie col sangue dato dalla mamma, col latte della mamma, col cibo procurato dal papà, con tutta l’assistenza che la famiglia dà... Saranno inoculate nelle loro anime tutte le idee del nostro Ideale per cui ragioneranno come ragioniamo noi, all’evangelica, e non vedranno il tipo antipatico, simpatico, lo straniero, ma vedranno la grande famiglia dei figli di Dio, e non crederanno più a nessun sistema, se non al Vangelo e in nessun rapporto se non al Comandamento Nuovo di Gesù, saranno figli nuovi, queste famiglie saranno quelle che formeranno domani la Chiesa. (Chiara Lubich ai focolarini sposati, 8 dicembre 1963)

Non si pone problemi, Chiara, anzi, è entusiasta: i genitori focolarini le permetteranno di generare una nuova specie, “l’uomo nuovo”, a cui verrà “inoculato” (sic) l’Ideale. “Ragioneranno come ragioniamo noi”: noi, che il Movimento l’abbiamo scelto, a differenza di loro, che non avranno la possibilità di conoscere altro; addirittura non “Crederanno più a nessun sistema, se non al Vangelo”. Rischieranno di sentirsi dei disadattati rispetto al mondo esterno? Assolutamente no, riformeranno la Chiesa, sarà il mondo a diventare come loro!
A dire la verità, la mentalità “evangelica” di Chiara va un po’ oltre la semplice buona educazione a non discriminare gli stranieri e le persone antipatiche; questi valori possono essere trasmessi da qualunque famiglia di sani principi, senza scomodare la consacrazione al focolare. La mentalità di Chiara, ormai lo sappiamo, è particolare, richiede l’annullamento totale della propria personalità, la fusione in uno con la sua figura di fondatrice, l’obbedienza al sistema gerarchico del focolare. I figli dei focolarini sono tenuti a vivere tutto ciò, un sistema di “tecniche” spirituali davvero estreme anche per gli adulti? Nessuno lo chiarisce mai, ma tanto il problema non si pone: per loro sarà spontaneo, nasceranno eccezionali, già focolarini!

Come saranno queste famiglie? Il papà un consacrato a Dio, la mamma una consacrata a Dio. L’uno sa dell’altro la consacrazione reciproca: rispetto reciproco, amore straordinario vicendevole, perché il soprannaturale non fa che sottolineare il naturale. I bambini crescono in questo seminario originalissimo (come Gesù Bambino è cresciuto fra San Giuseppe e Maria), in quest’atmosfera dove i bambini concepiscono la vita solo evangelicamente, dove esiste l’uomo nuovo come regola di vita. Famiglie stranissime, famiglie bellissime!

Si vedrà quasi logico che se il padre è santo, la madre è santa, di conseguenza i figli siano santi. Quasi una cosa normale. (Chiara Lubich ai focolarini sposati, Grottaferrata 7 dicembre 1961)

Per cui papà e mamma sono Opera di Maria, perché frequentano i rispettivi focolari, maschili e femminili. Allora, messi insieme, sono un pezzo di Opera di Maria e crescono i loro figli come Gesù che cresceva in età, sapienza e grazia (…) siate sicuri che se avrete sempre Gesù in mezzo a voi, si compiranno i disegni di Dio sui vostri bambini. (Chiara Lubich ai focolarini di Berlino, 8 settembre 1969)

Verranno fuori così, questi figli: il Bambino Gesù di Praga 

Come ci sarà rimasta Chiara, ammesso che abbia mai voluto prendere coscienza del fenomeno, quando si iniziò a realizzare che i bambini nati da quelle unioni non somigliavano al piccolo Gesù, ma erano tali e quali ai soliti bambini che nascono, fanno la cacca e piangono nelle famiglie “del mondo”?

Per la verità, in quei discorsi faceva riferimento solamente alle “famiglie focolare”, un caso raro ed esclusivo anche rispetto alle varie branche e diramazioni dell’Opera, ma i figli cosa ne sanno? Focolarini, volontari, per loro cambia poco: i genitori sono pieni di segreti, vanno a degli strani incontri ma non si capisce, esattamente, come passino il tempo con quelle altre persone. Anche il figlio viene mandato agli incontri dei gen, e magari ci si trova bene, ma non può partecipare alla vita ideale dei genitori: è fuori dalla sua portata, chiusa tra le mura del convento. Convento che non è il focolare, dove i ragazzi possono andare abbastanza agevolmente: è la catena di legami gnostici ed esclusivi che si instaurano nel mondo dei focolarini adulti, e li portano a chiudersi tra loro.

Dicevamo che il genitore monaco è distaccato, sì, ma forse non avevamo in messo in conto che potesse essere distaccato anche dai propri figli. E invece questa è la prima condizione, dato che la sua vocazione è generare l’unità, Gesù in mezzo, Gesù Abbandonato ed altre sigle varie, per le quali è necessario trasferirsi dal mondo reale al “piano soprannaturale”.

Dice la Regola, ed è la Chiesa che lo dice, che è essenziale, per creare l’unità nel piano soprannaturale, il distacco dagli affetti umani, altrimenti non si può fare unità sul piano soprannaturale, poi, siccome è volontà di Dio, voi amate col cuore anche il marito e i figli. Non poi o prima, ma contemporaneamente. (…). Quindi ci vuole il distacco - dice la Chiesa - dagli affetti, che è la premessa per fare l’unità nel piano soprannaturale.
Iddio vi ha chiamate a sposarvi e poi a farvi “suore” nello stesso tempo (…) Vivendo la nostra spiritualità… Soprattutto Gesù Abbandonato, il distacco, entrando nella Casetta e sentendovi parte integrante della Casetta, voi immediatamente fate il passo di Santa Rita e di Santa Elisabetta; in quel momento siete vergini consacrate in focolare, pur essendo madri e sposate.”
Poi c’è un altro punto della spiritualità che mi sembra vada bene per voi ed è l’amore a Gesù Abbandonato (…) La Regola spiega dove e in chi va amato. Dice che va amato soprattutto nello spogliamento totale degli altri affetti. Voi dovete avere l’affetto per il marito e per i figli e per tutti i parenti, però dovete essere, nello stesso tempo, anche staccati da questo affetto perché Dio è tutto.
Così il Vangelo: “Mio padre e mia madre sono quelli che fanno la volontà del Padre mio” e Gesù lo dice parlando di Maria (…) Se voi foste interrogate (…) e vi chiedessero “Hai marito, hai figli?” voi rispondereste “No! Perché mio padre e mia madre sono quelli che fanno la volontà del padre mio”. (Chiara Lubich alle focolarine sposate, Discorso di Valtournanche, 11 luglio 1964)

Chiara Lubich e Igino Giordani lo sanno benissimo: non possono imporre nulla ai figli dei focolarini, la scelta di Dio non è loro, ma dei genitori. Ma paradossalmente questo mancato coinvolgimento lascia un senso di limitazione, invece che di libertà: il Movimento non è tenuto a nulla, nei loro confronti, il loro consenso non è necessario, per intraprendere le scelte più radicali. In uno dei suoi discorsi fondativi Chiara si ritrova a ribadire che mantenere i propri cari è un dovere del cristiano, come se ci fosse il rischio, e forse c’è, che i genitori, seguendola, trascurino i propri figli. In molti altri discorsi ripete che “il focolare” è la coppia: se uno dei due coniugi non aderisce, dà comunque il proprio consenso all’altro per partecipare alla vita del focolare, e così non sfasciamo le famiglie. I figli, però, sono equiparati ai nonni: un grado di parentela importante ma comunque esterno al nucleo famigliare; il rapporto con loro è quello con dei terzi, dei soggetti non coinvolti né nel sacramento, che è fondante per la coppia, né negli eventuali voti, promesse, impegni di qualunque livello. Delle strane presenze in convento, in qualche modo degli intrusi.

Quello che Chiara e Igino non calcolano è che, rispetto a nonni, zii, cugini e colleghi di lavoro, i bambini necessitano di forme d’amore speciale, da parte dei loro genitori. Cosa può mancare alle creaturelle, se diamo loro quell’eros dopaminico, sublime e distaccato, che è “l’amore reciproco” che circola nel Movimento? Gli uomini non conoscono il vero significato dell’amore, questa parola è spesso deformata, ma Chiara ci ha donato, grazie alle sue rivelazioni, il vero Amore, i bambini lo berranno dal latte della mamma e saranno a posto, no? No.

La vita della famiglia si dilata dalle occupazioni puramente materiali alla collaborazione con Dio, per attuare il suo piano redentivo: e lo fa educando anime, consacrandole a Dio, facendole Chiesa. “Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, ha promesso il Signore. E padre, madre, figli uniti nel nome di Cristo, suscitano nel cuore della casa Cristo stesso: diventano misticamente Lui. (Chiara Lubich, Maria modello perfetto, Città Nuova)

I bambini hanno uno sconveniente, antipatico bisogno di essere al centro dell’attenzione. L’amore per i figli si basa sull’accudimento, sui bisogni e sulle “occupazioni puramente materiali” che Chiara vorrebbe liquidare più in fretta possibile; per loro sono importanti, perché sono abitudinari, bisognosi di ricevere regole, di avere dei ritmi. Ma soprattutto l’accudimento è uno stare costantemente accanto a loro, pensarli, contenerli, permettere loro di avere delle sicurezze su cui costruire la propria identità. Se i genitori hanno scelto “Dio” (e lascio a voi immaginare cosa o chi sia veramente questo dio), andranno a riversare tutte le attenzioni altrove, sottraendole ai figli. E non lo faranno per caso, come un genitore esausto che si addormenta sul divano e lascia che i figli diano fuoco alla casa; lo faranno sottilmente, ma consapevolmente.
E saranno maestri nel rinfacciarlo ai figli, al momento giusto.

Come crescono i figli dei focolarini? Tendenzialmente insicuri e carenti di affetto, e quindi ad alto rischio di essere ansiosi, aggressivi e bisognosi di attirare le attenzioni.
Come vivono i focolarini la genitorialità? Avranno sempre un senso di colpa latente, combattuti tra il desiderio di essere i soliti genitori viscerali, quelli che amano i figli perché sono parte di loro, li difendono, li viziano e via dicendo… E il diktat di Chiara, imperioso ma sottile e latente anche quello, di metterli al secondo posto, se non al terzo, quarto e via via.
Abbiamo già parlato di questo proprio agli inizi del blog: Ma non crediate che sia finita qui, la spiritualità collettiva ci riserva sempre delle sorprese. 

La scelta del nome

“Sai, il tuo nome lo ha scelto proprio Chiara!”
“E chi è?” In realtà il bambino non è più così piccolo,  ha imparato a riconoscerla benissimo, anche se fa ancora fatica a comprendere l’esatta collocazione di Chiara nella sua famiglia.

“Quando abbiamo scoperto che ti aspettavamo, le abbiamo scritto una lettera, e lei ci ha risposto…”
I genitori, si sa, accollano ai figli i nomi più assurdi, frutto delle loro passioni; nel Movimento dei Focolari è tutto un fiorire di Chiare e Chiarette, più i nomi di certi popi finiti male in giovane età, a cui i novelli genitori vogliono offrire un tributo. Ma in questo caso siamo su un piano diverso, e quando il figlio inizia a crescere mette a fuoco la questione.

“Lei ha scelto il mio nome… Non voi? Neanche questo siete stati in grado di fare, scegliere il mio nome? Ma voi mi volevate veramente?”

E’ come se i due, entusiasti, si fossero precipitati ad informare Chiara dell’impresa, della performance focolarina che hanno realizzato: diventare genitori, come volevi tu, Chiara carissima! Ma i figli non sono bambolotti, tenere un figlio non è come fare una bella visita alla Casa di Loreto ed immaginarci le scene di Gesù, Maria e Giuseppe.
Chiara sceglie il nome del bambino motivandolo nel suo messaggio, e riconducendolo sempre ad un programma di vita cristiana; per fare un esempio, “Si chiamerà Maria perché dovrà essere un’altra Maria”. “Si compiranno i disegni di Dio sui vostri bambini”: è lei che, come le fatine buone sulla culla della principessa Aurora, promette di esaudire i desideri.
Questo disegno è una grande responsabilità, pensa il ragazzo. E se io non lo volessi? Perché Chiara mi ha vincolato così alla vita della fede, dell’Ideale, complici i miei genitori? Cosa succede se non sarò in grado di realizzare questo disegno? O se deciderò di non tenerne conto?

Prove di abbandono

Ogni gruppo settario sottopone i suoi adepti ad una prova di fedeltà: la migliore, per la comunità focolarina, è separarsi dai propri figli per partecipare a degli incontri lontano da casa.
I primi convegni per famiglie, negli anni ’70-’80, non erano assolutamente family-friendly: gli sposi andavano lì per ricevere una formazione all’Ideale -l’ennesima- in modo da diventare dirigenti di gruppi di altre famiglie; nel profluvio di discorsi teorici ed angelici le povere mamme si ritrovavano ad allattare in angoli scomodi, a soggiornare nelle piccole stanze del Centro Mariapoli senza nemmeno una culla o un fasciatoio, e soprattutto ad affidare i figli ad estranei, dato che non potevano certo farli piangere in sala, disturbando gli incontri.
Quando questi figli diventano un po’ più grandicelli, meglio ancora partire per Rocca di Papa, o Castel Gandolfo, o Loppiano, a fare qualche “Scuola Loreto”, e lasciarli ai nonni. A questo punto iniziano le prime defezioni: alcune mamme – chissà perché parliamo sempre al femminile, i padri sembrano molto meno disperati - non riescono a salire sul pullman, o lo fanno con le lacrime, ma è questa la vera “scuola”, la prova di iniziazione per testare la loro fedeltà al Movimento. Al loro ritorno, a volte, scoprono che i bambini manifestano dei traumi da abbandono, perché erano davvero troppo piccoli per essere lasciati da soli, ma nessuno se ne è reso conto, nell’inesperienza generale e, soprattutto, nella necessità di vivere con “radicalità”; che significa, sostanzialmente, vivere senza buon senso. Qualche madre esce dal Movimento proprio perché non se la sente più di lasciare il proprio figlio da solo, e finisce per essere colpevolizzata, ostracizzata perché non ha saputo mettere abbastanza “Dio al primo posto”. Magari, poi, i figli riprendono a frequentare il Movimento autonomamente, da gen, e scoprono che i focolarini non fanno mai il nome della loro madre, glissano quando viene nominata, come se fosse stata colpita da una damnatio memoriae.

Anche quando le famiglie si spostano insieme, esiste sempre una separazione tra lo spazio degli adulti e quello dei bambini. In principio fu Vincenzo “Eletto” Folonari, un focolarino che per primo si era reso conto della presenza di “popetti” ai convegni, ed aveva iniziato a creare degli spazi dedicati a loro, nella vita del Movimento. Chiara lo considerava il fondatore del movimento gen, e ribadiva di dovergli eterna gratitudine: di fatto, si era occupato di qualcosa di cui avrebbe dovuto farsi carico lei, in qualità di fondatrice e responsabile, ma che invece nessuno aveva mai preso in carico. Per quale motivo proprio un adulto single consacrato si dovesse portare in giro i figli degli altri, senza qualifiche particolari né esperienza, rimane un mistero: semplicemente era venuto in mente solo a lui, ma non crediate che la cosa non abbia sollevato perplessità. In ogni caso, Chiara Lubich ha risolto la questione fondando il movimento gen, ovvero dando anche ai “popetti” la loro parte di indottrinamento ideologico e gli spazi appositi per rimanere sotto controllo.

Alle Mariapoli vacanze partecipano famiglie di tutte le estrazioni, non si possono tenere incontri per i gen: i bambini vengono intrattenuti con piccoli laboratori, seguiti da qualche adulto dei gruppi famiglie che si offre, o si sacrifica, per rimanere fuori della sala e dedicarsi a sorvegliare i figli di tutti. E già, perché anche in vacanza c’è una sala, con il coro che canta, e ore e ore di programma. I bambini si annoiano, non capendo bene il senso di ciò che stanno facendo, i più curiosi vorrebbero andare in sala a vedere cosa fanno gli adulti, o semplicemente richiamare i loro genitori e fare i laboratori con loro. Ma i genitori sono impegnati a seguire le interminabili sessioni di esperienze e “temi” con video di Chiara, a fare i “capo casa” nei vari alberghi in cui sono distribuiti i partecipanti alla Mariapoli, a restituire resoconti ai responsabili; persino a pranzo lasciano i figli ad arrangiarsi, seduti a tavola con qualche sconosciuto. Magari è una famiglia di persone che sono state invitate per la prima volta; i figli dei focolarini li trovano simpatici e attaccano bottone volentieri, non per fare proselitismo, ma perché li percepiscono come persone più normali dei loro, trasmettono quella sicurezza di cui avrebbero tanto bisogno.

Quando il movimento gen è consolidato, sono i figli a salire sui pullman per andare ai Congressi gen 4 e gen3. Ancora una volta lacrime, soprattutto da parte dei bambini che non hanno ben capito dove stiano andando e sono spaesati all’idea di dormire per più notti lontano dai genitori (ne abbiamo già parlato qui). Essere stati al congresso gen 4 diventa una nuova iniziazione, i bambini che non ci sono andati, perché i genitori non lo hanno permesso, sono investiti da un certo disprezzo da parte della comunità; le “genine” che sono state a Roma hanno visto Chiara, le hanno scritto una lettera, che è stata recapitata nella sua grande casa, hanno composto per lei una canzone… Sono entrate nel sistema di adulazione della leader, hanno superato anche loro la prova di fedeltà.

Sono già diventati grandi? Non potevano rimanere così bambinelli, e soprattutto dentro alla teca?


Strani modelli di attaccamento

Per essere una famiglia focolare bastano due genitori. Riguardo ai ragazzi bisogna cambiare atteggiamento, cioè assumere l’atteggiamento che ha l’Opera di fronte ai vari dialoghi (…) Tu devi intavolare con grande gioia, con grande serenità, con grande distacco, assieme a tuo marito, un dialogo con loro. Nel dialogo vale quello che dice lui come quello che dici tu, nel senso che bisogna lasciare spazio perché parlino; se è possibile che parlino, se siamo ancora in tempo che parlino. (Chiara Lubich agli interni di Napoli, 1995)

Si direbbe che Chiara proponga un modello di genitore non autoritario, quasi amico dei figli, perché dialogando tende a mettersi al loro stesso livello (“Vale quello che dice lui come quello che dici tu”). La cosa è piuttosto pericolosa, ma d’altra parte fotografa la realtà del Movimento, che piaccia o meno: i genitori, nelle dinamiche trinitarie, fanno la parte dei figli, esattamente come i loro figli, dato che il “padre”, o meglio la madre, è solamente lei, Chiara. Nelle realtà carismatiche si evita sempre di usare la parola “autorità”, perché fa brutto, è meglio credere di essere animati solo dal semplice entusiasmo; e così l’autorità genitoriale viene messa in secondo piano, anche se i genitori focolarini devono lottare per costruirsela, ricevendo scarsissimi aiuti dal loro ambiente.

Ci sono i bambini che non disturbano la vita di focolare, perché i genitori focolarini li prendono come anime affidate a loro da Dio e li aiutano a crescere secondo il disegno che Dio ha su ciascuno. (Chiara Lubich presenta le famiglie focolare al Consiglio di Coordinamento, aprile 1971).

Ogni altra attività che i genitori dovessero compiere per l’Opera di Maria o per la Chiesa dovrebbe essere conosciuta dai ragazzi per dimostrare che la loro famiglia è aperta sulla Chiesa e sul mondo e per prevenire, cristianamente, quel desiderio oggi diffuso tra i giovani di fare gruppi di famiglie aperte, desiderio che spesso non corrisponde al desiderio cristiano sulla famiglia, perché suggerito da ideologie collettiviste. (Scuola dei focolarini sposati, 1971)

Ed ecco che, naturalmente, il teatrino del dialogo cade: non c’è nessuna opzione per i figli, se non sapere che in che genere di famiglia sono nati, quale deve essere il suo orientamento e quale stile di vita è richiesto a loro, anche nelle scelte che dovranno intraprendere da grandi. Se i figli non corrispondono a questo rigido modello, i genitori avranno il timore di fare una brutta figura, con Chiara e con la società, o addirittura si sentiranno in colpa per non avere realizzato “il disegno di Dio”; ed ecco che allora diventeranno molto controllanti ed oppressivi, pronti ad intromettersi in qualunque scelta del figlio, per condizionarlo.

Autoritari no, controllanti sì: il risultato è ambiguo, disorientante, come lo sono certe forme di attaccamento genitoriale che mandano ai figli messaggi discontinui, e li portano a crescere nell’insicurezza.

Genitori in carriera

Capite cosa significa aver fondato un altro focolare nella DDR? (Germania Est comunista n.d.A) Dentro però mi nasceva la preoccupazione dei bambini. Ho detto: adesso i bambini, dato che vivono nella famiglia, saranno forse ostacolo alla presenza costante di Gesù in mezzo! Però avendoli davanti, ho trovato la soluzione. Voi siete un focolare nuovo, fondato nella DDR, e avete nel vostro cuore una scuoletta di esterni, che Gesù in mezzo a voi deve coltivare. Ecco, dagli esterni non si pretende come dagli interni, ma li si aiuta a crescere, si ha pazienza (Chiara Lubich a Berlino con i focolarini sposati, 1969)

Di nuovo questi bambini a rompere le palle, ma per fortuna Chiara rivela che la Madonna ha fatto “un trucco” (sue testuali e ripetute parole): siamo nella Germania comunista, non si possono impiantare focolari di consacrati, ma una famiglia può valere come un focolare vero e proprio, e i figli verranno considerati come degli “esterni”.
Vi direte: i genitori avranno storto il naso, nel sentire ancora una volta paragonare il sangue del loro sangue a gente che partecipa ai corsi di formazione di “interni” ed “esterni”, nei vari gradi del Movimento. Macché! Sono entusiasti all’idea di essere equiparati ai focolarini che non tengono famiglia e, a giudicare dalle domande che continuano a porre a Chiara, vogliono avere ragguagli sul loro status speciale, tanto che è lei che deve porre loro un freno. 

1971, i genitori vogliono sapere:
- Quali sono le caratteristiche delle famiglie focolare per essere tali (ci tengono da morire, eh)
- Che differenza c’è tra il terzo ramo com’era concepito una volta e come deve essere realizzato ora?
- Come vedi l’ora della verità nella famiglia focolare? (Chiara, sottolineo, Chiara dice loro che è facoltativa)
- Quali vantaggi potranno avere i focolari dal nascere delle famiglie focolare?
- Chi è il responsabile di un focolare famiglia? (A casa loro… chi fa il capofocolare…)
- Hai detto che la nostra vocazione specifica è la santità. Come possiamo raggiungerla?
- Nelle decisioni riguardanti la vita di famiglia di una famiglia focolare, quanto occorre vedere le cose ognuno col proprio focolare e quanto invece insieme tra marito e moglie?
In realtà la risposta a questa domanda è importantissima, ma non vogliamo soffermarci sulla vocazione dei genitori, lasciamoli a risolvere i loro problemi, stiamo scrivendo per fare spazio ai figli (su cui i suddetti problemi ricadranno, comunque).

1987, vogliono sapere:
- Se vado in focolare e torno a casa, ho sempre l’impressione di avere sperimentato l’unità (…) Nella vita quotidiana però mi è difficile rimanere sullo stesso livello di unità vissuta prima in focolare. Cosa mi puoi consigliare per approfondire l’unità?
- Come vedi le tappe della “Via Mariae” per uno che è sposato?

E così via dicendo, di anno in anno, di congresso in congresso. Questi genitori sono molto impegnati ad essere famiglie focolare “giuridiche”, e quelli che non ci riescono vogliono esserlo “nello spirito”, così di tanto in tanto si fanno aggiornare da Chiara sul significato che ha acquisito la loro vocazione rispetto ai cambiamenti della società moderna; i figli non devono accorgersi di nulla, sono discorsi che non li riguardano, non ci capirebbero niente se non che, in mezzo a tutto quel gergo tecnico focolarino, di loro non si parla quasi mai.

Chiara si immagina di fare la madre

Io direi di mettere in pratica, come si fa in focolare, gli strumenti: naturalmente fra marito e moglie lo si può fare subito perché sono tutti e due focolarini. Ma io sarei attenta anche con gli altri: per esempio hai dei bambini, dei giovani, avete qualcuno. L’ora della verità, senza dirlo, la farei; si fa sempre da noi l’ora della verità, magari una volta al mese. Allora, se fossi la mamma o il papà, magari quando viene a casa il ragazzo dire: “Sono stata contenta di quello che hai fatto, di quell’esame che hai dato. Finalmente hai dimostrato chi sei!” Questo è il paradiso, ma lui non lo sa. Poi magari in un altro momento della giornata: “Però dovresti ben correggerti in quella piccola cosa!” E così si fa il purgatorio. Per cui io farei tutti gli strumenti. Anche mettere l’anima in comune. Magari fai una bella meditazione: “Ma sai, Giorgio, cosa ho trovato stamattina su quel libro? “Così e così.  “Questa frase mi ha proprio colpito”. Tu hai comunicato la tua anima. Può darsi che lui dica “Bello, voglio farlo anch’io!” Ma già dicendo “bello”! ha già comunicato anche lui. (Chiara Lubich agli interni della zona di Milano, 11 marzo 1995)

Vi rendete conto? Chiara è convinta che la sua ora della verità, con il momento del “purgatorio”, possa corrispondere al ruolo educativo di una madre che rimprovera il figlio, e che le lodi e i rinforzi dei comportamenti positivi possano essere “il paradiso”… D’altra parte, la sua preoccupazione non è come possa venire su il figlio, ma solo eseguire in santa pace, anche in casa, le pratiche della “vita di focolare”; come meditare, fare comunione d’anima, mentre i figli tornano dal calcio con quintali di roba sporca, pretendono la cena, si buttano sul divano a guardare la televisione? Perché è questo che le ha chiesto qualche focolarina, nelle solite domande; che cos’altro le potrebbe interessare?

La cosa più divertente, ma sono risate amare, è che i figli sono animali più selvatici delle pope di focolare, perché hanno imparato molto presto a curarsi da soli le loro ferite. L’ora della verità è una gigantesca operazione di sadismo, nella quale la povera vittima viene messa al centro dell’attenzione del gruppo ed umiliata con goduria, con il pretesto di “purificarla”; il figlio è molto più scafato, manda la madre o il padre a quel paese, smascherando subito i tentativi di umiliazione: 

“Proprio tu parli così, che…” E via a rinfacciare tutti gli abbandoni dai tempi del pullman, con il padre e la madre in crisi, perché in focolare non va a finire così male. Non potendo rifugiarsi in Svizzera come la Lubich, cambiano discorso e rimangono in sospeso con il loro messaggio educativo, qualunque fosse; ma la parte ancora più divertente è quella che riguarda la cosiddetta “comunione d’anima”.

“Sai tesoro, ho letto in questo libro una frase così bella, che dice…”
“A ma’, non me ne frega niente di quello che dice Chiara Lubich nei suoi libri; io voglio sapere che cosa dici tu. Cosa ne pensi tu, di quell’argomento?”
“…” E’ quel silenzio, quell’imbarazzo che mette i brividi.
“Insomma, sai… L’Ideale ci insegna…”
“Mamma, cosa pensi tu, non l’Ideale! Ma ce lo avete un pensiero, tu e papà?”
“Come ti permetti di parlare così?” 

In realtà, al solo sentire frasi come “Non me ne frega niente di quello che dice Chiara Lubich” al genitore sono già saltate le connessioni neuronali, per cui il figlio rischia seriamente di prendersele, se non sul piano fisico, almeno su quello verbale:
“Non ti permettere di dire queste cose su Chiara! In confronto a lei, tu non sei nulla, fai schifo!” E allora sì che scattano le vere umiliazioni.

Nell’Opera non abbiamo agitazione, non abbiamo preoccupazione… Nell’Opera guardiamo a tutti come sono e li lasciamo tutti liberi; però siamo in dialogo con tutti. Per esempio c’è un ragazzo che non crede, che va a ballare e tu mettiti a dialogare con lui. Lui magari ha la sua cultura, cultura un po’ di studio, di ballo, un po’ di ragazze, una cultura così; tu hai la tua e dialoghi con lui e ti fai uno su quello che è buono; e dici “Va bene così, sei proprio su una buona strada, però quella ragazza io la lascerei perché mi sembra un po’ troppo leggera…” In dialogo così, lasciando soprattutto la massima libertà. Il focolare è fatto dal papà e dalla mamma. Questo è il vero focolare… Gli altri considerali come l’Opera di Maria. (Chiara Lubich agli interni della Sicilia, Palermo 18 gennaio 1998)

Qui il figlio sta avviandosi all’età della ragione; Chiara Lubich neo madre è già gelosa della fidanzata e non manca di darle della poco di buono, inoltre, come al solito, c’è la sua grande preoccupazione per il ballo scorretto: avrà sentito che la peggio gioventù andava a corrompersi, negli anni Novanta, al Cocoricò di Riccione?
Siamo tornati al dialogo e alla massima libertà, ovvero a fingere di interessarsi alla vita del giovane (“su quello che è buono”, e rientriamo nei soliti parametri della purezza), con lo scopo di “farsi uno” ed attirarlo di nuovo nel Movimento. Secondo voi i figli non se ne accorgono? Eccome se se ne accorgono!

“Ma queste due squadre che stanno giocando sono…”
“A ma’, lascia perdere. Ti lascio il telecomando e vado a vedermela in camera.”

In realtà, difficilmente il figlio dei focolarini aveva il televisore in camera, visto il livello di iper controllo dei dialoganti genitori; oggi, con l’avvento degli smartphone, il mondo sarà cambiato, ma veniamo alla parte più odiosa del farsi uno. 

Come dicevamo, tanto per ribadirlo per l’ennesima volta, il focolare sono il padre e la madre, i figli, se non collaborano, dei poveri “lontani”, l'Opera di Maria, anzi... Il recinto di Maria, e definizioni varie focolarinamente scorrette. 

Le famiglie devono fare così. Non devono piangere sempre… Su quel figlio che sbaglia, su quell’altra figlia che dà pensiero. Bisogna occuparsi, sì, ma non preoccuparsi. Avere l’amore naturale che avete già, tenervelo, e avere anche quello soprannaturale, perché noi dell’Opera amiamo in modo soprannaturale anche i non credenti. Se questi vostri figli non si sentiranno schiacciati dal vostro interesse, saranno più liberi di decidere e dire un giorno “Voglio cambiare vita, voglio tornare nella mia famiglia…” Ma se voi vi preoccupate, siete un grande ostacolo alla loro conversione. Perciò fatevi uno con loro. Vogliono andare al cinema, andate anche voi, vedete che sia buono. Vogliono vedere la televisione? Guardatela anche voi, guardate che sia buona… Fate così. Però bisogna assolutamente che non sentano il peso della vostra preoccupazione, perché voi dovete gettare la vostra preoccupazione in Dio. Deve essere lui il preoccupato, non noi. E sempre lui ci pensa, è esperienza quotidiana. (Chiara Lubich agli interni della zona di Trento, 3 gennaio 1995)

Assumere con questi ragazzi un atteggiamento diverso; soprattutto non far pesare il fatto che voi siete scontenti, perché è proprio il modo per farli irrigidire nelle loro posizioni. Mentre invece se voi siete tutti sereni, avete Gesù in mezzo fra voi, siete una famiglia focolare, e avete lì un’operetta di Maria a cui con gioia dedicarsi anche con i dialoghi; i ragazzi sono contenti, sentono che parlate con loro, ecc. E poi piano piano capiranno anche voi, se voi capite loro. (Chiara Lubich alla comunità di Napoli, 3 maggio 1996)

Come dicevamo, il figlio di una famiglia dei Focolari soffre spesso di carenze di affetto accumulate nell’infanzia, spesso è anche insicuro, quindi tenderà a deviare soprattutto per attirare l’attenzione dei genitori, che non lo hanno messo al primo posto nelle loro vite. E cosa insegna loro Chiara, manipolatrice sopraffina? A non concedere uno straccio di soddisfazione: non sono preoccupati i tuoi, caro mio, loro vivono per il focolare, sono intenti a pensare a me, non a te. Sai chi si occupa di te? Dio, non certo i tuoi genitori, che sono i mei focolarini. Qualunque cosa tu dica o faccia, non ci scalfirai, non cambieremo le nostre idee, non ti concederemo la ragione su nulla; anzi, sarai tu che, preso dalle nostre tecniche, un po’ alla volta tornerai da noi. Stai solo sfarfallando in giro, ma tu ci appartieni, un giorno ritornerai.

Immaginate la sofferenza del genitore, che non può andarsene troppo in focolare a condividere la preoccupazione per il conflitto con il figlio, altrimenti si sentirà accusare di essere "un ostacolo alla conversione". E immaginate come si possa sentire il figlio, se i due genitori lo abbordano in continuazione con quell' atteggiamento di dialogo sorridente, che ha per sottointeso che sono scontenti di lui, ma si adoperano in tutti i modi per fare un altro sorriso e nasconderlo. Sono scontenti da quando è nato, arriva a pensare.  

Io non ho intenzione di andare da nessuna parte, si dice sempre il figlio; sono loro che se ne vanno. Spariscono in continuazione, anche quando ci sarebbe bisogno di loro, e poi si rifanno vivi, a rovinarmi la vita per cose in cui non c’entrano nulla; chissà se finirà mai, chissà se un giorno rinsaviranno, e finalmente torneranno, per formare una vera famiglia. 

Nel 1971 mentre facevo da interprete al congresso dei focolarini sposati, stavo in una lussuosa villa piena di fiori profumati, vicino a Frascati, che, allora, era il quartier generale mondiale del Focolare. Un focolarino sposato mi accompagnò là alla fine di una giornata e, appena prima di andarsene, mi confidò un pensiero che ovviamente sentiva il bisogno di comunicare: “Resta fedele ai tuoi voti” disse. “Ero un focolarino come te, ma non sono riuscito ad rimanere fedele Non ne vale la pena, solo per quei trenta secondi.” Partì lasciandomi scioccato e disgustato: il matrimonio era tutto lì?  (Gordon Urquhart, Le armate del papa)

Vorrei tanto augurarmi che quest’uomo, nei suoi trenta secondi, non abbia concepito dei figli, ma purtroppo è difficile, dato che i focolarini non usano gli anticoncezionali. 

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