Figli di "popi"


«Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore»


Quand’ero una bambina piccola, ricordo che alla Mariapoli mi annoiavo ad assistere alla messa quotidiana. Però mi piacevano i canti, ed ascoltavo le parole con molta attenzione.

La maggior parte dei miei amici ex gen direbbero: “Eeh dai, tu sei sempre la solita; chissenefrega di che cosa cantavano, io non facevo mai caso al contenuto…” Sembro distratta, ma nella mia mente registro moltissime informazioni, ed ho sempre avuto la tendenza ad analizzare, in modo particolare, il linguaggio delle persone che mi circondano.

Dopo la comunione, nel momento di maggiore raccoglimento, i nostri genitori e gli altri adulti presenti (non sapevo ancora distinguere tra le varie branche dell’Opera, volontari, focolarini, ecc.) cantavano una bella canzone:

Ho trovato un Tesoro,

più splendente del sole

mai nessuno potrà rubar

perché è dentro di me.

Ciò che avevo era niente,

come niente è passato:

ho lasciato ogni cosa che

non parlava di Te.

 

Tu sei il mio grande Tesor,

Tu, che mi hai dato l’amor.

Vivo, e ogni giorno ritrovo

nella gioia di amare la mia libertà.

 

Ho perduto il mio cuore

me lo hai preso in quel giorno,

ma so che lo ritroverò

là dov’è il mio Tesor.

 

Come dev’essere, per un bambino, sentire i propri genitori che cantano una cosa del genere? “Eeh, ma io non ci facevo mica caso…” Secondo me era un atteggiamento di difesa, se non ci facevate caso.

Tutti i bambini si chiedono se mamma e papà li amino più di ogni altra cosa al mondo; nel mio caso, non c’era materia di discussione, questo primato lo aveva “Tu”, il Tesoro. Il problema è che questo “Tesoro” non era solo al primo posto, era proprio tutto, e non c’era speranza che un bambino compisse qualche impresa per “portare via” il Tesoro, di cui almeno io ero gelosissima, e sostituirsi a lui: è nascosto dentro il genitore, che sa bene come segregare, negare ai figli delle parti di sé che sono riservate ad altro e ad altri.

E meno male che io ero nata dopo che i miei avevano conosciuto l’Ideale, altrimenti avrei sentito anche l’umiliazione di essere compresa in quel “Ciò che avevo era NIENTE, come niente è passato.” Potevo almeno figurare tra le cose che avevano fatto per essere dei bravi Foc.: generare bambini e allevarli da genitori “cristiani contro corrente”. E possibilmente “trasmettere loro l’Ideale”.

… Ma in che razza di mani eravamo, con dei genitori simili, che volevano amarci e desiderarci, ma avevano perduto il loro cuore e lo avevano lasciato sotto sequestro a qualcuno, che glielo avrebbe restituito solo nel futuro… Dopo la morte? Con che cosa ci amavano, i poveretti? Con quello che potevano; ma ce l’avevano un cuore, anche per noi?

E che cosa potevo fare io per conquistare il cuore dei miei genitori, magari compiendo un viaggio come quello di Atreiu ne “La storia infinita”? Andare là dov’è il Tesoro… Forse per questo ho deciso di aderire al Movimento.

I nostri genitori Foc. si rendevano conto di quello che cantavano o, come avrete già immaginato, “Eeeh… È una canzone di Chiara, dei vecchi tempi… La facevamo perché piaceva alla capozona… Una volta c’era un altro tipo di radicalità...” ?

Mio padre sì, di sicuro, lui sapeva benissimo cosa cantava, e la canticchiava sempre, tra sé, a voce alta.



Un’altra canzone, che rientra tra i grandi successi del Gen Rosso, è “Se siamo uniti”. L'ho cantata molte volte anch'io, e volentieri, perché dal punto di vista musicale è un gran pezzo, come potete sentire. Tratta quasi letteralmente da una meditazione di Chiara, dice:

 

Se siamo uniti Dio è fra noi

e questo vale, questo vale più

questo vale più d'ogni tesoro

che può possedere il nostro cuore.


Vale di più della madre e del padre,

della casa nostra.

Vale più del lavoro delle nostre mani,

vale più delle opere dell'umanità,

vale di più; vale di più.

 

Beh, facciamo che vada benissimo per quelli che lasciano i genitori e la casa per seguire Gesù… Ma immaginiamo già il genitore Foc., che invece dovrebbe trasmettere ai figli il valore del lavoro che nobilita l’uomo, l’importanza della scienza, dell’arte, della letteratura… E magari aiutarlo a trovarsi una carriera professionale, una realizzazione in un campo… Eh no, nulla di tutto questo vale! E poi c’è l’Ideale che invade ogni campo dello scibile umano, con la “versione di Chiara”, e potremmo continuare a scriverne per ore.

 

Vale più degli amici e dei figli,

delle nostre cose.


Ah, eccoli, finalmente, i figli. Nella seconda strofa e persino dopo gli amici.



Vale più degli affetti,

vale più del tempo,

vale più dei pensieri e d'ogni nostro affanno.

Vale di più; vale di più.

 

Suppongo che “gli affetti” fossero il massimo che Chiara concedeva alla sessualità, e, per quando riguarda la gestione del tempo, immaginiamo il nostro genitore Foc, come educa ad un sano e corretto stile di vita, sapendo di quante persone si sono esaurite per maratone estenuanti tra organizzazione di convegni, servizi al Movimento, ecc.  “Vale più dei pensieri” era meravigliosa per la sua ambiguità: Focolarini pionieri della lotta all’ansia, nel loro vivere l’attimo presente, ma cosa si intendeva per “pensieri”, solo le preoccupazioni? A scuola i nostri prof avrebbero voluto “Insegnarci a pensare…” Che non andasse troppo bene?

Insomma, i figli buttati in mezzo a una lista di cose negative.

 

Dio fra noi vale più della nostra vita,

Dio fra noi vale più dell'anima:

è fuoco che divampa, è vento che trascina,

è gioia che dilaga,

è pace che non abbandona mai.

 

Come potevo io pensare di mettermi a litigare con mio padre, che sarebbe stato disposto a rinunciare anche all’anima, piuttosto che smentire il suo Ideale, e ci credevo, perché canticchiava anche questa allo stesso modo dell’altra? 

E devo dire che i miei amici gen, le rare volte che parlavamo tra noi dei nostri genitori, non esprimevano il rancore, la ribellione tipica dell’adolescenza, almeno com’era negli anni Novanta; manifestavano piuttosto un leggero disprezzo, una commiserazione, un fastidio, ma in fondo anche una certa tenerezza, che riservi a quelle persone che, si sa, sono fatte così e non cambieranno mai.

Mai. Tutto nel Movimento è immutabile, dal punto di vista delle idee e dei comportamenti, perché il “nuovo”, la “rivoluzione” devono trovarsi solo nei discorsi di Chiara. L’adolescenza è la fase della crescita, della rottura, del cambiamento; credo che molti di noi cercassero degli esempi altrove, svalutando i genitori, oppure che rinunciassero addirittura a crescere per amore di quei genitori, pur di restare fedeli all’Ideale e a loro. E i genitori, che livello di tolleranza avevano della nostra crescita? Molto basso, dato che erano “popi”, ovvero si erano dati da fare in tutti i modi per ritornare bambini, o magari non erano mai veramente cresciuti, se avevano conosciuto l’Ideale da giovanissimi. Soffrivano molto, si spaventavano più del dovuto; oppure, semplicemente, rinunciavano a fare i genitori. 

Sento ripetere spesso dagli psicologi: “I genitori di oggi sono fragili, sembrano più immaturi dei loro figli”; direi che i nostri genitori Foc. hanno precorso i tempi, e che molti di noi “figli di” hanno provato il sollievo di diventare adulti, perché finalmente c’era qualcuno di adulto in casa.

 “Tu, che mi hai dato l’Amor”: l’amore dei figli, che in genere sono arrivati dopo la scoperta dell’Ideale, va a sovrapporsi con questo Amore che, secondo l’ideologia dell’organizzazione, è di qualità superiore. Le persone del Movimento possono convivere per lunghi periodi tra loro senza essersi scelte (incontri che si ripetono con cadenze regolari, una scuoletta, una vacanza…), e ricorrono allora ad un amore “artificioso”, un po’ astratto; ma il figlio che convive con te è sangue del tuo sangue, un amore che parte dalle viscere, e questo va in contraddizione, è molto destabilizzante. I miei sono contenti di ricevere il mio amore vero, quello umano, animale, istintivo e sentimentale? Ma certo, però lo fanno in modo imbarazzato, come quando una persona ti porta un regalo inatteso. 

Ogni tanto si sente qualche genitore Foc dire “Ogni figlio ha un progetto di Dio su di sé”: a parte il solito scaricabarile su entità esterne – ci pensa Dio a tirare su il figlio, mica noi- fa ridere lo stupore, la scoperta dell’acqua calda, la meraviglia di ritrovarsi in casa degli altri esseri umani. Il genitore manipolatore “comune” decide: “Mio figlio sarà come lo imposto, lo raddrizzo io!” Il genitore Foc. non può dire “È come voglio io”, perché “Io” non si dice, e allora questo figlio deve “funzionare” per applicazione di qualche teoria appresa in giro, nel Movimento.  Dei figli teorici, come i bei discorsi che si tengono per ore ai Congressi, pieni di fuffa… E invece sono arrivati i figli veri.

Se il figlio non prende una brutta strada, di solito arriva il lieto fine: il nonno Foc. diventa un po’ adulto perché i figli gli riempiono la casa di nipoti, preoccupazioni lavorative, vacanze, bollette da pagare, progetti… Magari il figlio non si è sposato, convive, magari non ha nessuna intenzione di battezzare i propri figli; il genitore Foc., dopo anni di militanza talebana, di solito accetta tutto, perché il figlio adulto trasmette una strana sicurezza. Sa vivere, e porta i genitori a fare delle esperienze che loro stessi si sono negati. Però ci sarà anche quel genitore Foc. che non capitola, che vivrà sempre male la maternità/paternità, perché si è messo in casa “una persona del mondo”.


APPENDICE- RILEGGENDO CON IL CARAPACE IL PARADISO ‘49

“Vorrei far notare che questo fantomatico “padre” manda a morire in croce il suo figlio prediletto che poi però abbandona proprio per sua ammissione. Non è un particolare da poco se si pensa che chi comanda, sentendosi e facendo le veci del padre eterno stabilisce il buono e cattivo tempo per i suoi confratelli cui è richiesto l’annullamento massimo sino alla morte di croce, come modello di obbedienza e sottomissione.”

(da “Starway to Heaven? L’illusione del ’49). https://inciampocarapace.blogspot.com/2022/11/illusione-paradiso49.html?fbclid=IwAR0urVZweorEFtu1X1BorSoyF0D3N93NX5kg_bICayWjCBg39dkE6dZcFK8).

Se quello era il nostro Padre Celeste, figuriamoci con che senso di responsabilità il padre/madre Foc guardano il proprio figlio finire su una croce; logicamente la colpa è del figlio, oppure, chissà, abbracciamo, senza analizzarla, la complessa Volontà di Dio. Ce ne sono parecchi che in casa comandano come dei/delle capofocolare, ma la maggioranza, a mio avviso, rinuncia con sciatteria all’autorevolezza genitoriale, che è una cosa molto diversa. Dopo tanti bei discorsi (di Chiara), il genitore Foc. fa molta fatica ad offrire al figlio dei riferimenti per affrontare i problemi.

Purtroppo il genitore Foc. può essere anche un Mister Hyde che, chiusa la porta di casa, passa dal sorriso angelico ad un ventaglio di abusi difficili da credersi, provocati dal disagio psichico e probabilmente dalle frustrazioni che lui stesso subisce nel Movimento.


Chiara non era in grado di affrontare qualcuno che le stesse di fronte alla pari e avesse un pensiero diverso dal suo. Lei aveva patologicamente bisogno di conferme.  (Ibid.)

 

Il genitore Foc. è maestro delle manipolazioni, non conosce la vergogna. Oltretutto, non ha nemmeno bisognoso di conferme da parte del figlio, come il genitore immaturo “comune”, perché, come abbiamo visto, sono tutte tributate a Chiara Lubich e al suo Tesoro. Quindi il figlio si sente persino svuotato di una sorta di “utilità”, per quanto insana: “Io tengo in piedi i miei genitori.” Il genitore Foc. è manovrato da fattori esterni, a volte assurdi, spesso imprevedibili; ogni tanto sparisce, non solo fisicamente, ma anche con la testa e con i sentimenti. 


Invischiato in una società di adulti in cui nessuno sa dialogare, e lo scontro è visto come il fumo di Satana, il genitore Foc. non sa educare un adolescente, e poi un giovane adulto, alle emozioni. Di solito il figlio impara a confrontarsi nel cosiddetto “mondo”, con una ricerca personale che non può condividere quasi con nessuno, andando incontro a tutte le difficoltà e i pericoli che si possono immaginare.

Come i focolarini a vita comune, anche i figli hanno sviluppato presto delle forme di “mimetismo psichico”, per adattarsi al genitore e, contemporaneamente, alla società che li circonda, senza andare in mille pezzi. Molto difficile, per loro, ancora prima di avere un’opinione, anche solo imparare ad essere se stessi.

Se il figlio decide che vuole smettere di farsi usare da tutto e da tutti, il genitore Foc. penserà che stia alzando non la testa, ma la cresta, e lo accuserà di essere diventato “un egoista”. Oltre al danno le beffe, dato che è tutto il contrario: il figlio sta lottando per imparare a fare delle scelte di vero bene, ad assumersi delle responsabilità.

Purtroppo non basta “Odiare il padre e la madre”, se si tratta di un padre e/o una madre Foc. Ci si sente sempre soli, sempre un po’ in colpa a lasciare dei genitori ingombranti; ma quando esci dalle mani di persone che hanno trafficato con il Nulla- Nulla d’Amore, certo, ma al fin fine “solido” nulla- il tuo rischio è di non sentirti nulla, e di non avere nemmeno la voglia di nulla, rispetto al mondo sconfinato che sta fuori.

 

 

 

 

 

 

 

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