Educazione focolarina: viva la verginità



Atena: era talmente vergine che era nata direttamente dal cervello di Zeus. Però lui non si era tagliato la testa


La verginità gradita a Dio non sta solo nella verginità fisica, ma in quell'atteggiamento spirituale che è "inesistenza" per sé, onde esser tutti sempre per Dio. E' la trasparenza di Maria che mai pensò a Sé ma solo a Dio, a Cristo ed alla Chiesa, Corpo mistico di Cristo.
La verginità che piace a Dio è sinonimo di amore che come fuoco tutto brucia. Amore che è partecipazione alla vita di Dio che è Amore, Dio il quale nella sua vita intima che è reciproca perfetta donazione, manifesta la Sua divina verginità.
Il vergine è colui che avanza senza appoggi, solo con Dio. Che trova appoggio nel non aver appoggi, perché Dio subentra in aiuto e forza quando l'anima confida pienamente e solamente in Lui.
Se a qualche stato di vita s'addice bene la frase della Scrittura: "Diis estis" questa vale soprattutto per il vergine al servizio del Regno di Dio. Egli è Dio in Dio per piena - per quanto ne è capace - partecipazione alla vita di Dio. (Chiara Lubich, Meditazioni)

Il professor Gaspari è sconvolto. "Più rileggo queste righe, e più mi domando: ma com'è potuto succedere? Come ha fatto Silvia, una ragazza così piena di buoni propositi, arrivare a produrre un pensiero del genere, talmente estremo e nichilista? Non si rende conto che il Dio che ha "sposato" desidera solo la solitudine e la distruzione, e nella sua vita intima...Sì, perché Silvia si immagina che Dio abbia una vita intima, come a dire che rapportarsi con il creato è per Lui una sorta di vita esteriore, qualcosa che non Gli è congeniale! è vergine, ovvero non si lascia coinvolgere nemmeno dalle persone che Lo compongono?"

Professore, cerco di consolarlo, lasci perdere. Chiara, Silvia, come la chiama lei, è fatta così, quel Dio solitario e possessivo è il suo alter ego. Siamo ai soliti record: un discorso su Dio Amore, da parte di una persona che ha rinunciato all'amore per il Suo amore... Non contiene un solo grammo di amore. Doveva essere davvero molto arrabbiata con il Sant'Uffizio, e con il mondo in generale, quando ha scritto una pagina del genere.

La cosa divertente è che, mentre il papa precisa che la castità non coincide con l'astinenza, Chiara non si preoccupa di fare differenze: lei vuole la verginità, né più, né meno. Quando si rivolge ai giovani che devono ancora scoprire la loro vocazione? No: "verginità" è il termine con cui descrive proprio la vita religiosa consacrata.

Anche se non siete immacolati, il mio amore vi verginizzerà. (Chiara Lubich, meditazione Perché la voglio rivedere in te)

Come vedete, nessun problema per nessuno: la verginità focolarina è anche retroattiva.

Ricordo quella volta, in via Tigrè, che Giordani, a pranzo con Chiara attorno alla tavola, magnificava i voti dei focolarini e non finiva più di parlare. E Chiara: "Cosa credi, Foco, anche i preti, anche i vergini, anche i consacrati possono andare all'inferno. Uno sposato, con tutte le croci che ha in famiglia magari ama di più Dio di tutti questi consacrati." (Eli Folonari, Passavamo di sorpresa e in sorpresa. Chiara e l'unione con Dio, Città Nuova, 21 agosto 2012)

Quand'ero ragazzina, ogni tanto mi capitava di vedere le puntate di una serie americana che si chiamava "Blossom", incentrata sulla vita di una teenager. Era la classica adolescente goffa ma intelligente ed estroversa, tipica degli show di allora.  Non ricordo i particolari esatti, ma mi sembra che, in una delle tante scene in cui la protagonista si trovava nei guai, insieme ad un amica, le due iniziavano a gridare, in tono esagerato: "Aiuto! Non voglio morire vergine!"
Un'altra scena che mi viene ora alla mente è quella di una commedia italiana, in cui un'altra adolescente va in vacanza in Grecia con la zia, ed appena arrivata sentenzia: "Ho deciso che perderò la mia verginità, la prima volta voglio avere almeno sei orgasmi!"

Ecco, questa concezione iperbolica, adolescenziale e spaccona dell'esperienza sessuale- perdere la verginità perché è un traguardo millantato da tutti come una grande conquista, ma che in realtà è ancora molto lontano dall'esperienza reale- è esattamente la stessa che Igino Giordani ha, a rovescio, della verginità. Una figata, rimanere vergini, il meglio che si possa immaginare!


Ho trovato una foto di Blossom... Dicevo, Igino Giordani ha una visione adolescenziale della verginità che corrisponde a quella di una quattordicenne degli anni Novanta, tutta teorica e per sentito dire, ma carica di aspettative. E se vi sembra irrispettoso nei suoi confronti, aspettate di leggere quello che ho da dire in seguito, sull'argomento, che è molto più duro.

A mio avviso, un uomo sposato che continua ad esaltare i voti dei focolarini davanti a due focolarine... Ha già tradito sua moglie. E difatti, in numerosi suoi scritti Giordani si premura di dire a Chiara che rimpiange di non averla conosciuta prima, facendo riferimento alla differenza di età, altrimenti l'avrebbe seguita: come se fosse irrilevante la presenza di qualcun altro a suo fianco. Ma chi penserebbe mai, tra bravi cattolici, una cosa simile? 
Oltretutto, a differenza di quanto pensavo, è dai primi secoli della storia del cristianesimo che il matrimonio ha per protagonisti i due sposi, i veri "ministri del sacramento". Non si tratta di qualche rivoluzione post Vaticano secondo, che Chiara e Igino non potevano conoscere: in sostanza, lui da sposato è in grado di celebrare un sacramento, lei, da semplice consacrata con i voti, no. Altro che superiorità dei vergini sugli sposati. 

E chiariamo subito un'altra cosa: non è affatto vero che tutto il mondo cattolico, all'epoca, vedeva gli sposati come dei paria e come dei rinnegati, solamente perché si concedono qualche forma di piacere fisico. La società stava iniziando ad aprirsi, è Giordani che si va sempre a cercare  le correnti di cristianesimo più estremiste; avrà visto che i santi sposati del calendario erano rarissimi ma, tanto per dire, Thomas Moore era già stato canonizzato nel 1935. E nessuno si preoccupava di sapere cosa faceva tra le lenzuola, dato che aveva perso la vita in complessi rapporti politici tra la Chiesa e il regno di Inghilterra. Chiara e Foco, come al solito, vedono nella verginità un mezzo per salire sugli altari, in mancanza di imprese più eroiche?

Da parte sua, Chiara rimette Igino con i piedi per terra (per poco: gli proporrà subito dopo di prendere i voti da sposato); stavolta è lei, la creatura spirituale, ad avere maggiore senso pratico, a sapere che cosa significhi realmente la mitologica "verginità". Da notare, però, la visione che Chiara stessa ha della famiglia: una serie di croci, che permettono al bravo cristiano di "amare Dio". Per amare Dio bisogna soffrire? Sì, lo abbiamo già visto più volte, meglio non tornarci sopra.
Usando il termine "croci", Chiara spersonalizza ciò che si può trovare veramente all'interno di una famiglia: degli altri esseri umani. Amare Dio è lodevole, è doveroso, ma una persona che ha messo su famiglia deve amare loro, innanzitutto, i propri famigliari. Abbiamo capito che Chiara vede nella verginità una forma di solitudine, ma evidentemente l'alternativa non le appare molto più appetibile; vi sembra che sia dispiaciuta per aver rinunciato a quelle "croci" di persone da sopportare?

La cosa curiosa è che, in realtà, la verginità tanto inseguita serve anche a fondare il focolare: se lei e le sue conviventi, più gli sposati che le circondano, non garantissero la più assoluta purezza di vita, la Chiesa guarderebbe con sospetto alle loro relazioni, che non sono regolate rigidamente come quelle delle monache. E allora perché tutti si lamentano della vita di focolare, descrivendola come un inferno se priva di unità, e perché Focolarileaks arriva ad insinuare che Chiara Lubich non abbia mai fatto una vita di focolare vera e propria? In quanto sarebbe stata pesante persino per lei... 
Forse perché anche nel focolare, quando convivono degli adulti che dovrebbero essere animati dalla promessa di "dare la vita l'uno per l'altro", Chiara avverte di nuovo quella pesantezza, quella solitudine che le fa considerare il prossimo una croce da sopportare? 

In ogni caso, Chiara tenta di estendere al massimo le qualità della sua condizione, attribuendole delle facoltà che sconfinano quasi nei superpoteri. E, in questo modo, tiene molto a dimostrare che la vergine è utile all'umanità, anzi, indispensabile. 

Le vergini! Non hanno sposato un uomo, ma Dio. Non hanno pochi figli, ma molti: tutti quelli che il Signore ha messo sulla loro strada: figli che come e più di una madre naturale beneficano, incoraggiano, aiutano, istruiscono, sostengono, se vicini, attendono sempre se lontani, tutto sperando con la carità che è loro natura, con la preghiera presso lo Sposo loro onnipotente ed onnipresente. L'essere vergini, se dispensa dalla maternità fisica, implica sempre la maternità spirituale, vasta quanto tessuto sociale è realmente beneficato dal proprio personale amore per Cristo. Essere vergini significa porsi in mezzo a una folla, cui si indica con una mano il Cielo e che si sostiene coll'altra nella prova della vita. (Chiara Lubich, Frammenti, Città Nuova) 

Chiara probabilmente si immagina ritta come una statua al centro di una piazza, ma devo dire che quando eravamo delle gen molto giovani, e sentivamo discorsi del genere (e già li sentivamo, agli incontri, malgrado fossimo delle preadolescenti come Blossom), più che alla vergine pensavamo al suo esatto contrario, con questa immagine di donna tra la folla, che si offre a tutti, come una fonte di acqua viva... E ci veniva un po' da ridere, di nascosto. In ogni caso, visto che la verginità significa, come dicevamo, "vita consacrata", lasciamo perdere le ragazzate e concentriamoci sul servizio pubblico. Sull'incisività nel tessuto sociale. E allora perché tanti lamentano che la vocazione del focolarino è poco concreta? Che fine ha fatto la maternità spirituale?

Ma non è finita qui. Come sempre accade, con la scrittura di Chiara, quando lei è autoreferenziale ed esagerata, arrivano i suoi cantori ed amplificano ogni concetto fino a toccare l'assurdo. Conosciamo ora un nuovo teologo lubichiano, Don Silvano Cola, fondatore del Movimento Gens (Generazione Nuova Sacerdotale) nel 1964. Qui confeziona una raccolta di scritti dei Padri della Chiesa sul valore della verginità,  che potete leggere:


E nei Padri della Chiesa troviamo già tutto, a partire dallo sposato che piange, perché ha conosciuto i vergini troppo tardi nella sua vita. I nostri hanno copiato? Sicuramente, e la cronologia degli avvenimenti indica che Giordani ha per primo attinto a questo repertorio, dal momento che Don Silvano ha conosciuto il focolare intorno al 1954, quando Chiara e Foco portavano già avanti i loro discorsi. Suo compito è stato, quindi, quello di approfondire le ricerche per magnificare ulteriormente le conquiste del carisma. 

L'idea di prendere come modello i Padri della Chiesa, per vivere nel Ventesimo secolo, può apparire azzardata,  ma il messaggio subliminale è chiarissimo: noi siamo come i primi cristiani, con la nostra comparsa il filo interrotto si è rinsaldato. Alcune loro affermazioni possono suonare strane, come il continuo riferimento all'integrità fisica (legato probabilmente alle condizioni sanitarie di un tempo), ma sono comunque una testimonianza di rinforzo, da immaginare di vivere alla lettera, anche se non è ben chiaro come si faccia. Peccato solo che, parlando di verginità, manchi nella rassegna il grande Origene, il quale aveva proposto un sistema proattivo efficace e impattante per garantire "più verginità per tutti". 

Sant’Ambrogio dirà: «Chi potrà negare che sia venuto dal cielo questo genere di vita [la verginità], se sulla terra era pressoché sconosciuto prima che Dio vi discendesse per assumere la natura umana?

Ma no, Sant'Ambroeus, non ce la stia a raccontare poco giusta anche lei: la verginità prima del Cristianesimo era conosciuta, eccome, basta vedere Atena, di cui vi ho pubblicato un'immagine in copertina; la dea vergine per eccellenza, tutta intelletto e zero sensualità. 

Ma la sensualità, a questo punto, l'hanno persa di vista tutti. Siamo arrivati all'esaltazione totale, alla solita ebbrezza di essere come Dio.

Risalendo alle origini, Gregorio[di Nissa n.d.R.] ripensa allo stato primitivo dell’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio, un tu, integro, in dialogo col suo Creatore. Dopo che il peccato ha diviso l’uomo, in che cosa può consistere la vita spirituale se non nel cercare di restaurare se stessi in quello stato? Non c’è altra strada che quella di «imitare la natura divina» ridiventando vergini, integri. È vero che la distanza tra la vita divina e la condizione umana è abissale, però la verginità rende l’uomo simile a Dio e gli permette non solo di vederlo, ma di diventare uno con lui: «Dio ha impresso nel vostro essere delle qualità simili alla sua propria natura (...), ma l’impronta divina è stata deturpata dal male che ha reso inutilizzabili per voi quelle qualità (...). Ma se con lo zelo della vostra condotta cancellate il sudiciume che ricopre il vostro cuore, in voi tornerà a splendere la bellezza creata a immagine di Dio. La divinità è purezza, libertà da tutte le passioni, assenza di ogni male. Se voi possedete queste qualità, Dio è in voi, realmente»
Anzi, la verginità è in qualche modo la deificazione dell’uomo: «Non si può fare miglior elogio della verginità se non mostrando che essa deifica, per così dire, coloro che partecipano ai suoi puri misteri, al punto di farli comunicare alla gloria di Dio, il solo veramente santo e immacolato, ammettendoli nella propria familiarità grazie alla purezza e alla incorruttibilità».

Ve lo abbiamo già raccontato: la Pizia di Delfi era vergine, e questo le permetteva di avere le visioni. 

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