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Gustave Doré, La schiera dei santi forma la rosa dell'Empireo, illustrazioni per la Divina Commedia |
Ora parleremo di un argomento che suscita indignazione nei confronti dei Focolari, o per lo meno una notevole diffidenza, ed impedisce a molte persone di avvicinarsi a loro dopo un primo contatto. Il rapporto con la morte: troppo distaccato, disincarnato, indifferente alla dimensione del dolore. Ne potete trovare una testimonianza qui. "L'uso dei morti per autocelebrarsi" riguarda già il momento del funerale, che per definizione deve essere "una festa": canti del repertorio focolarino, sorrisi, partecipazione massiccia della comunità, anche da parte di superficiali conoscenti che considerano il defunto "uno dell'Opera", ma non l'hanno mai veramente frequentato. I parenti stretti non aderenti al Movimento, gli amici di altre provenienze, i fedeli che capitano per caso al funerale, come reagiscono a questa monopolizzazione dei loro cari? A detta delle cronache focolarine, sono "colpiti" e "conquistati", ma le testimonianze non interne raccontano ben altro. Molte persone sono disturbate, invece, dalla vista di genitori che sfoggiano il sorriso "divisa del focolarino" mentre i loro figli giacciono in una bara, perché il dolore "non esiste"; magari neanche si commuovono, magari trascorrono tutto il tempo a salutare ed abbracciare membri autorevoli dell'Opera, che fanno loro l'onore di essere presenti al funerale. Nel campo della morte il gergo focolarino dilaga, più che in ogni altro settore: la persona è "partita", è "arrivata" (Dove? Lo vedremo fra poco) e soprattutto, qui sta il punto, c'è il tentativo di mantenere l'unità con lei, il famoso "Gesù in mezzo", in modo che il mondo dei vivi sconfini in quello dei morti, con la conquista, oltre che della terra, anche dell'Aldilà. Naturalmente quest'ultimo aspetto, l'unità tra vivi e morti, è soggetto ad esoterismo e segreti: solo i membri più interni sono in grado di comprenderlo. In questo post Chiara Lubich darà una pessima immagine di sé, anche più del solito: è lei, con il culto della sua personalità, al centro dei percorsi di malattia e morte dei membri più fedeli. Non apparirà di certo, in queste storie, come una fragile vittima di un "cerchio magico" di manipolatori: è lei che va ad interferire, in base ai suoi interessi, nei processi che accompagnano il fine vita, per trasformarli in una trionfale "operazione focolarina".
Se ripenso alla mia esperienza personale, posso dire che tutta la mia infanzia e adolescenza sono state accompagnate da questa idea della morte completamente sganciata dalla realtà, che si alimentava delle innumerevoli storie esemplari che leggevo e sentivo raccontare. E forse è stato meglio così, anche per le stesse persone coinvolte: forse sono morte felici, pensando al Paradiso, a Chiara, ai popi, anche se si è trattato di una meravigliosa illusione. Ma forse è per i vivi, per chi come me si trova ancora dalla parte di qua, che una certa narrazione risulta, alla lunga, intossicante.
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Giusto de' Menabuoi, Paradiso, Battistero del Duomo di Padova |
“Noi, nel lavoro, nei trionfi… che quest’Opera esuberante e fiorente porta, siamo tentati alle volte di vedere nelle persone in sofferenza casi marginali da curare, da visitare, ma possibilmente da aiutare perché tornino al più presto all’attività, quasicché sia questo il primo nostro dovere, il centro della nostra vita. E invece no: quelli che fra noi soffrono, giacciono ammalati, muoiono sono gli eletti. Sono essi al centro della gerarchia d’amore del Movimento. Essi quelli che più fanno, più operano”.
E in altro momento si scrive: “Si vedranno negli ammalati delle ostie viventi, che uniscono il loro patire a quello di Cristo, dando così il migliore contributo allo sviluppo dell’Opera e della Chiesa”. (Chiara Lubich, stralci di vari scritti, da una conversazione ai dirigenti del Movimento dei Focolari, 1999).
Trionfi? E' così che Chiara vede la sua Opera, e i membri malati, in un'ottica di produttività spietata, risultano inutili, una perdita di tempo. Ma quale mistica e fondatrice potrebbe parlare così? Ed allora corregge il tiro, trovando un'utilità anche ai sofferenti: l'idea di offrire le proprie sofferenze a Cristo è antica e radicata nel cristianesimo, ma qui si tratta di vero e proprio "lavoro per l'Opera", è l'Opera al centro degli interessi, più della stessa Chiesa.
Il problema sta nel fatto che, molto spesso, le morti giungono inaspettate, non soltanto per malattie, ma anche per misteriosi incidenti.
Aveva una giacca a vento rossa. Si chiamava Edna ed era venuta dal lontano Brasile in Italia per donarsi tutta a Dio, lasciando genitori e patria all’età di una Gen. Si trovava da un mese in montagna per riprendere forze. Doveva passeggiare, camminare molto. Era salita verso il passo. Quella sera si fece buio presto e i pochi centimetri di neve caduta davano al paesaggio un aspetto nuovo. Edna rimase un po’ smarrita. Cercò a destra e sinistra di individuare le luci che ad una ad una s’accendevano nel paese. Vi si diresse con passo svelto. Ma si sbagliò. Il villaggio che aveva individuato non era quello che l’ospitava. Il buio impediva di vedere la strada. Camminò. Mise un piede nel vuoto d’un canalone precipitoso. Al fondo, con la morte, l’amore di Dio l’attendeva per portare in Paradiso la sua anima. Per due giorni e due notti la gente della vallata, che l’amava, la cercò. Erano più di mille persone. Alla fine la giacca rossa fu individuata da qualcuno. Ora Edna, trasferito il suo corpo a Roma, riposa a Rocca di Papa. Gen che mi leggi, ascoltami: Non c’è età per morire. Ogni giorno è buono. La vita fugge. E di vite ne abbiamo una sola. Come spenderla? Come Edna. Conosceva un solo segreto: amare. Amare Dio e per lui il prossimo. Se il suo cuore di fronte a tutte le circostanze tristi o belle, di fronte a tutti i doveri, di fronte a tutte le persone, avesse potuto emettere un grido, questo sarebbe stato: “Amarti importa!” Sì, amar Dio importa. Tutto il resto è vanità. Edna lo sapeva. Per questo la sua anima era rossa di fuoco d’amore di Dio e la sua giacca rimarrà il simbolo della sua vita. Anche noi, Gen, facciamo come Edna. Che importa? Gridiamoci l’un l’altro e diciamolo anzitutto a noi stessi. Che importa nella vita? AmarTi, mio Dio, importa. (Colloqui con i gen, 1974)
Edna con la sua giacca iconica viene subito proposta ai gen come modello di vita, anche se in realtà di una gen ha solamente l'età, è una focolarina delle scuole di Loppiano. E come mai, così giovane, ha già bisogno di riprendere le forze? Chiara si premura di misurare la bontà di Edna con i grandi numeri, dicendo che più di mille persone l'hanno cercata; ma dove sono, in tutto questo, gli altri membri dell'Opera? Cosa ci faceva una giovane straniera, forse esaurita, persa per i boschi di notte, da sola? Molte morti focolarine si consumano nella solitudine.
Incidenti stradali, come nel caso di Aurelio Lagorio, o addirittura morti misteriose, dietro alle quali si annida il sospetto di suicidi mascherati. Non è che, per caso, lo stile di vita è talmente estremo, per la "radicalità dei primi tempi", da esporre le persone a forti rischi per la propria salute?
Anche nelle malattie, sorge il sospetto della trascuratezza:
Spartaco Lucarini nel Movimento dei focolari fu responsabile dei Focolarini Sposati, membro nel Consiglio di Coordinamento dell’Opera, rappresentante delle Famiglie Nuove. In ogni iniziativa, in ogni sentimento, ha interpretato il cristiano autentico. Cioè uno che testimonia Cristo nel mondo, evangelizzando con la parola e con la vita. Non occorreva indicarne il cognome «…perché Chiara disse che tutto il Movimento ha in onore, in cuore, in mente un solo nome: Spartaco». Quando Spartaco iniziò ad avere problemi di salute non gli diede importanza, addirittura li sottovalutò. Il 24 aprile del 1974 si sentì molto male fu l’inizio di un percorso che in poco più di un anno lo portò alla morte. Chiara gli era molto vicina per fargli sentire che era importante per lei come collaboratore e focolarino, disse che per lei Spartaco era l’Opera. (Liborio Rabita, Spartaco Lucarini: cristiano, giornalista, focolarino, Città Nuova 6 maggio 2024)
Come avrete capito, Spartaco non è certo uno sprovveduto, eppure trascura i sintomi della propria malattia. Forse è anche perché non può dire di no a Chiara, che ha fatto di lui il "solo nome" che circola nel Movimento, l'Opera in persona (immaginiamo la felicità di tutti gli altri, a partire da Igino Giordani, che viene sostituito da Lucarini come da una versione migliore di lui stesso)? Chi saprebbe resistere a così tante pressioni ed adulazioni?
Alla morte di Spartaco, di Aurelio, di Edna e tanti altri, Chiara è sconvolta. Perché Dio la priva dei suoi migliori collaboratori? Che senso può avere, certa com'è che i focolarini siano stati suscitati da Gesù per realizzare la sua Opera? Per confortarsi, giunge alla stessa conclusione degli eroi di Omero: i focolarini sono dei santi, la categoria di persone che raggiunge l'immortalità.
Muoiono ogni giorno in numero sterminato gli uomini: anche i grandi, e rimane poco di essi. Passa un santo alla Vita eterna, risvegliandosi, quando il Signore lo chiama, all’identica vita di prima mutata, e tutti parlano di lui. E la sua memoria passa di generazione in generazione ed il suo esempio è seguito da moltissimi. Su quel letto che porta un corpo e non più un’anima, nessuno riesce a capire la morte, ma tutti avvertono invece che cos’è la Vita. L’amore non muore e, perché serve, fa re. (Chiara Lubich, Meditazioni. Dedicata, pare, alla morte di Spartaco Lucarini)
Di fronte ad un cadavere, tutti riescono a capire perfettamente cosa sia la morte, ma non più Chiara, che si proietta del suo ideale di "Vita". Come la società descritta da "Pornografia della morte" dell'inglese Geoffrey Gorer, i focolarini perdono il contatto con la dimensione corporale della morte, relegandola nell'"umano" da superare, ed approdano all'esaltazione.
A 59 anni, l’annuncio di una grave malattia. È per lei di luce la frase del Vangelo “Chi crede in me non morrà in eterno”(Gv 11,26) e trasforma così l’ultimo tratto del suo cammino terreno in uno straordinario inno alla Vita. Pur nella sofferenza, Renata ripete fino all’ultimo istante: “Sono felice, voglio testimoniare che la morte è Vita”. (Alfredo Zirondoli, Giulio Marchesi, Un silenzio che si fa vita. Una giornata con Renata Borlone, Città Nuova)
Certamente, nella visione cristiana la morte è vita, tant'è vero che il giorno della morte viene chiamato anche "dies natalis". Ma la morte è anche morte! Il che significa fine, separazione, distacco, necessità di elaborare una perdita. L'incapacità di Chiara di gestire tutto questo viene riversata sulla collettività: la parola di vita di Renata, fa riferimento al tema della dannazione, la "morte seconda" per San Francesco ("morire in eterno"), ma nello slittamento dei focolarini rischia di diventare il loro nuovo azzardo: "Chi crede in me non morrà", punto e a capo.
Un nuovo modo di intendere la santità
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Tintoretto, Paradiso, Sala del Consiglio di Palazzo Ducale, Venezia |
Per dare inizio all’avventura di Loppiano erano venute da Bergamo varie famiglie di operai: i Piazza, i Bigoni, i Balduzzi ecc. che da tempo erano affascinati dall’Ideale di Chiara Lubich. Tra questi i Bigoni avevano una figlia – Chiaretta – con un male genetico per cui non poteva respirare normalmente: un handicap che aumentava la sofferenza della separazione dal paese natio. Subito presero la residenza proprio nella cascina denominata “Scaraggi” – la stessa che in seguito avremmo abitato noi religiosi.
Ho sentito dire che fin dall’inizio, ogni tanto, il gruppo del Gen Rosso andava a cantare sotto la finestra della stanza dove dimorava Chiaretta ammalata. Poco dopo cambiarono dimora, per sistemarsi sulle alture. Ben presto Chiaretta passò all’altra vita; ma anche Aurelio diede segni della stessa malattia. Varie volte sono andato a portargli la Comunione. Aveva circa vent’anni, ma sembrava un bambino. Aurelio è partito alla nuova vita poco prima che la nostra Renata (Borlone n.d.A.) ci lasciasse. (Testimonianza dal sito Fraternità Francescana )
C'è forse anche un senso di debito, da parte dei focolarini, nei confronti di questa famiglia, che fa parte della numerosa manovalanza gratuita che ha veramente costruito Loppiano. Di fatto sia Chiaretta che Aurelio vengono subito promossi da Chiara come esempi da seguire, in un clima di venerazione che non tiene conto, spesso, della giovane età dei due fratelli.
Chiaretta era cosciente della sua malattia che non avrebbe avuto soluzioni; intelligentissima e matura forse più della sua età, una volta, a soli quattro anni, aveva chiesto alla mamma: ”Mamma, sarà sempre così, non finirà mai?” La mamma le parlò allora di Gesù Abbandonato e Chiaretta disse subito di sì. E la sua scuola fu veramente quella di Gesù Abbandonato. ”Con questa scuola farò più presto ad imparare tante cose”. (...)
Chiaretta era assetata di Gesù Eucaristia e Don Mario racconta come, dopo aver fatto la prima Comunione a 7 anni, desiderò ricevere Gesù tutti i giorni Cercò di portargliela anche quando Chiaretta per motivi di salute non si poteva recare in chiesa o era ricoverata in ospedale e la sua anima di bambina si dilatava sempre più, con una maturità spirituale precoce, dovuta al dolore accettato giorno dopo giorno e offerto con amore per tanti fratelli. (...) Verso gli 8 anni incominciò a pregare in modo speciale per i carcerati. Don Mario racconta che si seppe ad un certo punto della conversione di un carcerato da molti anni lontano da Dio... (Chiaretta Bigoni, dal sito Loppiano.it)
La bambina santa, che converte i carcerati, forse è troppo piccola per realizzare e sta semplicemente ripetendo quello che le insegnano gli adulti. Ma Chiara è convinta che il dolore abbia maturato in Chiaretta una speciale vicinanza a Dio, e si premura di diffondere tra i membri del Movimento ogni aneddoto, ogni frase della bambina, persino le foto impietose che la ritraggono a letto, con evidenti segni della malattia, e la mano che fa il segno di "puntare verso l'alto". E così sarà per suo fratello Aurelio, e per molti altri mini gen.
Franceschino Chiarati, che l’estate scorsa ha profondamente goduto della Mariapoli Gen a Rocca di Papa con tutti noi, quest’anno non ci sarà. La sua anima ha raggiunto il cielo e il suo corpicino è stato trasferito in questi giorni da Brescia e Rocca di Papa accanto ad Edna, la brasiliana dalla giacca rossa, perita il dicembre scorso in montagna. I Gen quest’anno, nelle diverse Mariapoli, andranno a far visita a Franceschino ed a Edna e credo che tutti ne riceveremo conforto e pace e luce. I primi cristiani seppellivano i loro martiri nelle catacombe e spesso sulle loro tombe celebravano la santa Messa. Franceschino ed Edna non sono stati martiri ma hanno professato la nostra fede e il nostro ideale di fronte al mondo. Sono quindi carissimi a noi, e li abbiamo voluti vicini. Essi ci daranno la luce, dicevamo. Sì, essi soprattutto, silenziosamente, potranno dire alle nostre anime la misteriosa, tremenda e stupenda esperienza (che anche noi dovremo fare) del loro incontro con Gesù. (Colloqui con i gen, 1974).
Chiara copia programmaticamente i comportamenti dei primi cristiani (per come ce li descrive la tradizione), e come loro crea i suoi santuari, con il trasferimento dei "suoi" martiri a Rocca di Papa, sede centrale del Movimento (ma le famiglie ne sono felici?). I gen andranno a pregarli; da notare che è assolutamente certa che Franceschino ed Edna siano beati in Paradiso, e non soltanto per l'affetto nei confronti di due giovanissime vittime. Come vedremo, i focolarini presagiscono in tutto e per tutto come sarà la vita del loro defunto nell'aldilà, senza lasciare margine al mistero, alla convinzione della dottrina cristiana che nessuno di noi possa sapere chi veramente si salvi e chi si perda. Non c'è dubbio: sono tutti santi.
E c'è da dire che, quando leggevo queste storie, non avrei mai immaginato una Chiara Lubich coinvolta in un processo di beatificazione. Era così evidente che la vecchia santità non le interessava, quella degli altari, delle candele accese, roba superata; a partire già dai primi tempi, Chiara ha sempre ricercato una santità tutta sua, alternativa:
Ricordo quel momento, per esempio, quando tutte noi, se per caso fossimo morte sotto le bombe, sotto la guerra, avremmo voluto essere sepolte tutte insieme in una tomba, con su scritto: "E noi abbiamo creduto all'amore". Questo "tutte insieme" dà l'idea della collettività, non del singolo. Non è che io pensavo: io vorrei essere sepolta lì e l'altra... Lì si trattava proprio di essere sepolti, perché si poteva morire da un momento all'altro. (Chiara Lubich sulla Spiritualità Collettiva. Una via nuova)
Sono le narrazioni dei primi tempi, quando Chiara è convinta di avere riscoperto il Vangelo e cambiato il mondo: come abbiamo visto altre volte, vorrebbe cancellare le singole individualità delle sue compagne, per seppellirle tutte nella stessa tomba, sulla cui lapide non figurano neanche i nomi. In realtà, a leggere bene tra le righe, sembrerebbe trattarsi di un'altra risposta disperata all'angoscia della morte: è il bombardamento improvviso che potrebbe seppellire le ragazze insieme sotto le macerie, l'una sull'altra; la visione di spettacoli traumatici come questo potrebbe avere portato Chiara ad elaborare una sua fantasia consolatoria.
Di fatto non sarà così, ogni membro dei Focolari sarà sepolto individualmente e la "Santità Collettiva" diventerà solo il contenuto di una serie infinita di temi da meditare nei convegni. Chiara e Aurelio Bigoni riposeranno nel piccolo cimitero di Loppiano dove, con ordine rigoroso, ogni santo focolarino compare con la sua Parola di vita, ovvero una frase del Vangelo che la Lubich ha scelto per lui, come motto e chiave di lettura della sua esistenza.
Il cimitero di Loppiano diventa da subito uno dei luoghi privilegiati della propaganda focolarina: prima della costruzione del santuario Theotokos era probabilmente il luogo più sacro della cittadella, è la tappa finale di molti tour guidati- se l'atmosfera, con i visitatori, è quella giusta- e i vari "campioni di unità" vengono illustrati come modelli, anzi, no, come altri cittadini invisibili ma ancora presenti tra noi. Ne è un esempio, tra i tanti, questa presentazione di Alessandro.
La colonizzazione dell'Aldilà
Pubblico la versione originale di questo "fax" perché mi sembra emblematico in tutto e per tutto. Buona parte della vita dei Focolari consiste nello smistare notizie simili da un focolare all'altro: le partenze (si chiamano così) come gli "aggiornamenti" dei mirabolanti viaggi di Chiara. L'Aldilà, il Paradiso, è la Mariapoli Celeste, in contrapposizione alle Mariapoli terrestri, tra le quali si distingue la "Mariapoli Romana", ovvero il Centro dell'Opera a Rocca di Papa. E' un omaggio alle due Gerusalemme di Sant'Agostino? In realtà, non credo. Chiara sta semplicemente immaginando che i focolarini, nell'altra vita, continuino a fare quello che per loro rappresenta la vera beatitudine: tenere una Mariapoli. Ma questo significa che il Paradiso stesso è strutturato come un convegno focolarino, che tutti i beati sono partecipi, per così dire, dello stile di vita del Movimento. "Formar santi e riempirne il Paradiso": sembra il programma di una colonizzazione. E, ancora una volta, sottolineo l'assoluta certezza che tutti i defunti siano già santificati. Enzo era purificato e "raffinato" dalla malattia, Chiara vorrebbe quasi farsi certificare dai medici che è stato assunto al cielo, come la Madonna, passando da una "stanza" all'altra. Eppure il dolore è grande, anche perché, ancora una volta, è morto solo e di morte improvvisa. "Anche per addolcire il dolore che avrebbe potuto bloccarci un po', abbiamo deciso di non fermarci un attimo, di andare avanti..." L'attivismo non può essere rallentato nemmeno per un istante da una meditatio mortis, anzi, serve proprio ad evitarla.
Ricordo che, quando sentivo parlare di Mariapoli Celeste, pensavo: "Ma pure nell'Aldilà dovrò continuare a stare con "loro", ai loro convegni, in mezzo ai loro discorsi? L'eternità è una perenne Mariapoli? Spero di non morire mai."
Profili di cristiani autentici
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Ludovico Brea, Incoronazione della Vergine |
Era una serie di libri che mi ritrovavo per casa: ben confezionati, con la carta patinata, le copertine colorate e molte foto all'interno. Di solito si intitolavano "Verso la vita- profili di cristiani autentici", e ne esistevano almeno tre o quattro edizioni. Sembrava un tipico prodotto di Città Nuova, ma non c'era un prezzo di copertina né un codice Isbn: venivano venduti, o distribuiti gratuitamente a persone come i miei? La terza di copertina conteneva un'indicazione del genere: "Finito di stampare nel... da Tip. Città Nuova della PAMOM (seguivano una serie di contatti)
Ad uso interno del Movimento dei Focolari".
Una frase, questa, che mi incute sempre un certo timore: è il monito a non farvi leggere queste cose. Ma cosa avrebbe dovuto fare, in teoria, una persona estranea al Movimento che si fosse ritrovata il libro tra le mani? Non leggerlo e restituirlo all'indirizzo PANOM, come un portafogli smarrito? Oppure, nell'ingenua aspettativa degli stampatori, mettersi in contatto con loro per convertirsi?
C'era anche un'introduzione, in genere non firmata, che recitava cose del tipo (cito dal n.4, "Il Mosaico"): "Questo è il 4° volume di "Verso la Vita", che propone brevi biografie di persone che hanno raggiunto la meta del loro santo viaggio (...) La Vita è, in fondo, un "affare di famiglia" che coinvolge non solo noi in terra, ma anche "Quanti ci hanno preceduto in Cielo e sono rimasti legati a noi dalla carità, dal carisma dell'unità." (Chiara Lubich)
Insomma, come potete capire l'uso interno, l'affare di famiglia, servono a nascondere la reale visione di Chiara: lei e la gente del suo Movimento vivono per il proprio carisma, non per la fede cattolica universale, e sono convinti di mantenere l'affiliazione settaria anche nell'altro mondo, dove in teoria, per affermazione di Gesù, tutti i legami dovrebbero venire a cadere.
Esisteva anche un giornalino dal titolo "Mariapoli", che però non parlava dei convegni delle Mariapoli, ma bensì era un elenco di brevi necrologi (ovviamente chiamati "Profili di nostri che sono arrivati", et similia) stilati dai capizona: contenevano foto del personaggio, Parola di Vita data da Chiara, indicazioni sull'incontro con l'Ideale, affermazioni su Chiara ed atteggiamento tenuto durante la malattia. Alla fine compariva anche il breve elenco "I nostri parenti", dove speravo di trovare anche i nomi dei miei nonni, quando sono venuti a mancare; no, si trattava solo dei genitori dei focolarini consacrati.
La descrizione dei mariapoliti celesti seguiva, come dicevo, dei canoni ben precisi, ed era talmente esaltante che io stessa, da adolescente, sognavo di morire come loro, in un letto di ospedale, circondata da persone estasiate e riconoscenti. Naturalmente questo quando mi sarei veramente convertita all'Ideale e sarei diventata una brava focolarina; per il momento non volevo saperne e mi ripromettevo di non morire mai.
Quelle persone erano morte all'improvviso, o avevano ricevuto l'annuncio di misteriose malattie, di fronte alle quali avevano reagito in due modi possibili: "E' arrivato lo Sposo" (citazione di Teresa di Lisieux, insegnata da Chiara) oppure il rifiuto, a cui era seguito, in breve tempo, il "Sì a Gesù". Da lì...
Quando il male peggiora, si lancia in una straordinaria scalata. Ripete spesso: “Lo Spirito Santo mi suggerisce continuamente di non perdere nemmeno un secondo!”
La scalata, la corsa verso la meta del Santo Viaggio (una descrizione della vita proveniente, anche questa, da una meditazione di Chiara Lubich), ha soprattutto lo scopo di fare proselitismo dell'Ideale tra coloro che vengono in contatto con il malato. E lo stesso dicasi per Linda, focolarina vedova che invece raggiunge il traguardo di un'età lunghissima:
Il giorno del suo 106° compleanno, la giornalista che era venuta ad intervistarla- accolta da Linda con amore- non voleva andarsene più via, tanto era incantata e confessava: "Ho l'impressione che queste persone ci parlano da un'altra dimensione, non vivono come noi."
"Non vivono come noi": ai focolarini sembrava un grande complimento, a me molto di meno. E non mi risultava che medici, giornalisti, conoscenti occasionali, rilasciando simili dichiarazioni si convertissero in massa al Movimento. E se fosse stata semplice buona educazione? O addirittura una velata canzonatura, che i nostri non erano assolutamente in grado di cogliere?
Ma quello che ora, riprendendo in mano queste storie, mi dà un senso di voltastomaco, è la strumentalizzazione che Chiara Lubich fa delle vite degli altri: la corsa a vivere santamente ogni istante che rimane... E' tutta finalizzata a promuovere lei e la sua persona. Vediamone qualche esempio (tratti soprattutto da "Verso la vita 5")
Storia di Lucia
Queste esperienze le fecero capire che, dimenticandosi, avrebbe dimenticato anche la sua malattia: sarebbe riuscita ad accettarla più facilmente vivendo per gli altri (…) Così è riuscita a coinvolgere le focolarine e i focolarini che vivevano a contatto stretto con lei, tutta la comunità e tutti gli altri in un’atmosfera di grandissima serenità, dove la vita era di una normalità gioiosa e nello stesso tempo di una profondità sorprendente. Lavorava con passione per l’Opera. I contatti con Chiara e col Centro, gli aggiornamenti, gli incontri a Roma, gli avvenimenti dell’Opera e della zona erano la cosa più importante per lei. Con grande fiducia in Dio faceva tutte le cure e per alcuni anni la malattia si è fermata.
Poi nel 2001 il male riappare, nuove cure, nuove terapie sempre più forti. (…)
L’amore per Chiara e per l’Opera caratterizzano la vita di Lucia e, in modo particolare, gli ultimi anni. Visite, colloqui, inviti, ore di lavoro, la vita di focolare, gli incontri nella cittadella nascente, Lucia tutto vive con lo stesso impegno, come i grandi avvenimenti dell’Opera: la festa del 40° anniversario del Movimento nella zona di Lipsia, il Congresso Mariano a Castelgandolfo nella primavera del 2003, a cui partecipa con infinita gioia, e poi- in occasione dell’Ochumeninschen Kirchentag- la venuta di Chiara a Berlino, per la quale prepara tutto nei minimi particolari, con immensa gioia. Ma nonostante la sua eccezionale vitalità e la forza soprannaturale con cui Lucia sa accettare e vivere la sua malattia e tutto quello che comporta, le forze diminuiscono. Quando il suo stato di salute si aggravò rapidamente, Lucia non smise mai di credere nel miracolo che Chiara e Dio chiedevano a tutti nell’Opera per intercessione di Foco. (Foco è ben lungi dall'essere canonizzato, ma viene già interpellato, come altri focolarini, per intercedere presso Dio).
Storia di Marian
Focolarino slovacco trasferito in Russia, muore
all’improvviso durante un viaggio in treno
“Sogno il mio grande sogno: essere totalmente
consumato dall’amore di Dio e per i fratelli e con S. Paolo e con te, già qui
in terra, che io possa dire “Non sono più io che vivo in Cristo, ma Cristo che
vive in me (Gal 2,20) e che saremo “tutti uno” e che anche in terra si
realizzerà il paradiso. Non so se è un sogno, perché un pezzetto di realtà lo
vedo già (Lettera a Chiara Lubich, 24/12/1988).Nel 1990 chiede a Chiara un nome nuovo e una
“Parola di Vita” personale: Marian di Maria e “Fate quello che Egli vi dirà”
(Gv 2,5), le parole di Maria alle nozze di Cana. Chiara Lubich, il giorno della morte di Marian,
si stava preparando ad una solenne cerimonia. L’università slovacca di Trnava
veniva a consegnarle a Castelgandolfo, in Italia, un alto riconoscimento. Lei,
appena saputa la notizia della “partenza” di Marian, ha visto subito in questo
profondo dolore un legame con quanto sarebbe avvenuto. Le tappe della crescita
del Movimento sono sempre state accompagnate da dolori.
Insomma, lo avete notato anche voi? Questi focolarini consumano le loro forze per i viaggi di Chiara Lubich, le venute in zona di Chiara Lubich, le onorificenze tributate a Chiara Lubich. Marian è slovacco, e guarda caso muore (ancora una volta da solo, soccorso a fatica, in una regione della Russia che Chiara non va di certo a visitare) proprio quando un'università slovacca sta per conferirle un alto riconoscimento: è una crescita del Movimento, lui ha fatto da utile concime (scusate la brutalità, ma questa è la sostanza) perché lei venisse premiata.
Storia di Giovanni e Maria Clotilde, focolarini sposati
Per sopraggiunte complicazioni, la mamma viene ricoverata in ospedale e la situazione è critica. Papà le è sempre accanto, giorno e notte. L’11 aprile ’87 gli eventi precipitano. Proprio in quei giorni Chiara aveva scritto: “… per riuscire a raggiungere la santità non bastano le virtù vissute in qualche modo, ma in modo sublime, eroico… Proprio nei momenti di sospensione (paure del futuro, trepidazioni per i propri parenti, spaventi per notizie negative…) (…) se siamo veramente cristiani, se siamo membri del Movimento, vuole che approfittiamo di queste circostanze penose per dimostrargli che crediamo al suo amore.” (…) Con questa fede dentro di sé, Giovanni cerca di essere sereno e di donare questa pace alla mamma. Ma spesso la disperazione e le lacrime sono più forti e così corre a piangere in bagno. Poi rilegge il pensiero di Chiara e dice il suo nuovo sì.
Così Giovanni scrive a Chiara qualche giorno più tardi: “12 aprile 1987, Domenica della Palme, ore 2.22 del mattino, Maria Clotilde, in piena conoscenza ha ricevuto l’unzione degli infermi (…) Con me ha stretto un patto di unità perpetua: era doppiamente mia sposa, sia per il Sacramento, sia perché da giorni, in particolare, vedevo in Lei un aspetto di Gesù Abbandonato! E’ stata una morte splendida, piena di atti d’amore; era dimentica di se stessa, ricordava solo gli altri. Erano presenti alcuni focolarini sposati, con i quali cercavo di tenere sempre Gesù in mezzo…
Si ammala anche Giovanni: “Per non perdere troppe ore di lezione del corso di Analisi II per gli studenti della facoltà di Ingegneria, decidiamo di fissare la data dell’intervento all’inizio delle vacanze natalizie. (…) Con il permesso dei medici, Giovanni partecipa al Congresso annuale dei focolarini a Castelgandolfo. Ci tiene tantissimo ad essere presente a quell’incontro. E’ l’Immacolata 1988. In una sua telefonata mi racconta, felice, che tutto gli particolarmente il tema svolto da Chiara sulla “Via Mariae”. “… dopo aver sentito queste parole di Chiara posso anche morire!” (…) Così scrive a Chiara per ringraziarla di quell’incontro: “Naturalmente tutto ciò che Gesù vorrà da me lo offro per l’Opera, in particolare per le tue intenzioni.”
Non si sa se Chiara sia per Giovanni un conforto o, piuttosto, una sorta di Super Io che lo costringe ad amputare le parti più umane di sé, per obbedire alla lettera alle sue affermazioni superomistiche sulla santità, che magari lei ha formulato in preda ad entusiasmi superficiali. E che cos'è quel misterioso "patto di unità perpetua" con cui Giovanni e Clotilde rimarranno uniti per l'eternità? Da quanto so, la Chiesa ha sempre frenato rispetto a simili patti speciali: uno degli indici di appartenenza ad una deriva settaria è la "creazione di voti particolari" Giovanni mette in secondo piano la propria salute per abnegazione verso degli studenti, che devono solamente frequentare delle lezioni... Oppure lo fa pur di partecipare al Congresso dei focolarini? E si noti che Chiara, che ispira tutta la sua vita, non ha nessun contatto personale con lui: Chiara è solo un tema, una lettera, ma il focolarino le promette di offrire qualunque cosa "per le sue intenzioni". Le intenzioni sono richieste che si fanno a Dio durante la messa, in particolare dopo avere ricevuto l'Eucarestia: quelle di Chiara sono speciali di sicuro, anche se non sappiamo cosa chieda esattamente, si va sulla fiducia cieca. E chiederà di viaggi, conferenze, pubblicazioni, premi, trionfi.
Storia di Marie- Goreth, focolarina sposata
Nei mesi che seguono, si impegna sempre di più nella vita di unità e non perde l’occasione per dare l’Ideale agli altri. Nasce intorno a lei un piccolo gruppo della Parola di vita del suo quartiere. Dio le toglie a poco a poco tante cose. “Un giorno ci racconta di aver dovuto fare un passo enorme con l’anima quando si è accorta che, per i continui disturbi, non riesce a fare granché a casa per i suoi figli, specialmente per la piccola Lyse-Emmanuela che è molto attaccata alla mamma ed è spesso malata. E’ una pena constatare di non riuscire più a portarla in braccio per i dolori che ha alla schiena. In agosto Marie-Goreth sta meglio e così può partecipare ad un incontro di quattro giorni, dove ha tante responsabilità: risultò tra i più riusciti, anche grazie alla sua presenza mariana. Tutti concordano nel riconoscere il suo amore, le sue premure nei riguardi delle persone a lei affidate. (…) “In settembre dovevo partire per Roma- ricorda Giovanna- per partecipare ad un incontro e Marie-Goreth volle venire ad accompagnarmi fino all’aeroporto. Vista la sua condizione a me pareva esagerato: “Fra un mese sarò di ritorno” pensavo. Al momento di salutarci, lei mi dice: “Allora, teniamo Gesù in mezzo!” “Sì!” le rispondo; come sempre, Marie-Goreth mi rimetteva nell’essenziale e l’ho ringraziata in cuor mio per questo. Non potevo certo immaginare che questo sarebbe stato il nostro ultimo saluto.”
Addirittura qui abbiamo lo strazio di una madre che non riesce tenere in braccio la figlia, "che è molto attaccata alla mamma" (che strano), ma il tutto viene inquadrato come una prova spirituale, un "constatare", quando lo riferisce al focolare come un'informazione secondaria; non sappiamo nemmeno se qualcuno, alla fine, le abbia aiutate. In compenso Marie-Goreth ha sempre le energie per fare l'attivista, e gli incontri da lei tenuti hanno successo, un'informazione, questa, che viene evidenziata. Giovanna probabilmente è la capozona che sta per partecipare al raduno annuale a Roma con Chiara, un evento vissuto dalla comunità come un momento sacro. E' Marie-Goreth che, addirittura, guida fino all'aeroporto per servire e riverire Giovanna, come tutti fanno con queste figure di rappresentanti di Chiara?
Quando sei andata a trovare Virgo, prima che lei partisse, le hai detto che, andando in Cielo, Maria l’avrebbe ringraziata perché ha fondato le gen 3. Ci puoi spiegare meglio questo disegno di Dio su di lei? Chi è Virgo per te e per l’Opera?
Il disegno della nostra Virgo è stato quello di aiutarmi- aiutare Chiara come fondatrice dell’Opera di Maria, di tutto il Movimento dei Focolari- a fondare, a lanciare, a portare avanti questa diramazione che sono, appunto, le gen 3. Quindi lei ha dato un apporto enorme. Come, per esempio, monsignor Klaus Hemmerle mi ha aiutato a far nascere tutta la diramazione dei vescovi, come Don Silvano mi ha aiutato a far nascere tutta la diramazione dei sacerdoti, così Virgo ha avuto dentro di sé questo disegno da portare avanti e l’ha fatto in maniera meravigliosa: basta guardare a voi, guardare a tutte le gen 3 del mondo! L’ha fatto con dei frutti così abbondanti, da dire che il Supercongresso gen 3 è forse il congresso internazionale più riuscito nel Movimento dei Focolari in tutti questi anni. E ne abbiamo avuti tanti: abbiamo avuto il Familyfest, il Genfest, ma forse il più riuscito è stato quello. Merito naturalmente anche di Walter (Kostner), di tutte voi gen 3, ma anche, soprattutto, penso, di Virgo. Per me Virgo esprime proprio questo disegno. Lei in Paradiso sarà incastonata in questo posto, nel posto cioè che per tutta l’eternità ricorderà: “Tu e le gen 3 siete una sola cosa. Da te è uscita questa realtà meravigliosa nel mondo, che è la vita delle gen 3.” (Anna Lisa Innocenti, a cura di, Ai Gen3 Chiara 1996-2000, Città Nuova)
Con Virgo siamo addirittura ad una collaboratrice stretta di Chiara, che in quanto tale ha un "disegno" (com'è per ognuna delle prime compagne) e per questo sarà "incastonata" in Paradiso per l'eternità, qualunque cosa significhi. Il Supercongresso gen3 è l'evento internazionale più riuscito: perché? In termini di audience alla tv? Di riscontri, di successo? Anche il Familyfest e il Genfest sono stati trasmessi in Eurovisione ma, con buona pace dei profondi messaggi di queste manifestazioni, è il Supercongresso che ha sbancato, quindi Virgo può meritarsi la sua speciale santità.
L'unità con Chiara
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Gentile da Fabriano, Incoronazione della Vergine |
A volte Chiara ha dichiarato di avere stretto un'unità speciale con alcuni malati, che trova molto avanzati nella vita spirituale, e li ha seguiti personalmente fino alla fine. E' il caso, ad esempio, di Fiore Ungaro , che in fase terminale giunge dal Messico in Italia, a Grottaferrata: appositamente per essere vicino a lei? Naturalmente Fiore non viene portata nel focolare di Chiara, ma in una casa delle capozona, dove la Lubich va a farle alcune visite, ma non è certo da lei tutti i giorni. Questi rapporti straordinari hanno molta meno quotidianità di quanto ci si immagini. In compenso, gli aggiornamenti via fax sulle scoperte spirituali di Fiore, fino alla morte in unità con Chiara, sono quotidiani, in modo che tutta l'Opera sia aggiornata sul suo viaggio.
Continua a giocare” (sull’esempio di S. Luigi Gonzaga) le dice Chiara e lei appunta sul diario “Sono nella gioia e nella pace”. E gioca con… la morte, o meglio con la vita che rinasce in pienezza da tante piccole morti vissute e vinte nell’unità con gli altri, nel costante dono di sé.
Quando, la notte del 6 marzo 1985, la situazione precipita, sussurra un messaggio per Chiara che le chiede di salutarle, a nome suo, la Madonna: «Sì, sì, sì…» ripete trenta volte. E infine, rivolgendosi ai presenti, fra lo stupore generale: «Eccomi Gesù, ho sempre cercato, in ogni momento, di fare tutto davanti a Te…ma adesso basta pregare per me… andate avanti voi». Il suo volto era raggiante, grato e bellissimo. Traspariva con chiarezza l’intensità semplice e radicale con cui Luminosa ha saputo vivere tutti i suoi 44 anni. (Alfredo Zirondoli, Luminosa ha continuato a giocare, Città Nuova)
"Luminosa" riceve da Chiara precise indicazioni, su imitazione, ancora una volta, di un santo, Luigi Gonzaga; "tante piccole morti vissute e vinte nell'unità con gli altri", è probabilmente, un riferimento al "farsi nulla", la soppressione della propria personalità. E questo concetto tutto focolarino viene confuso con la morte vera, quella reale, come se fossero la stessa cosa. Il culmine dell'assurdità si raggiunge quando Chiara chiede a Luminosa di salutare la Madonna "a nome suo": non è Luminosa che, godendo del nuovo stato di beata, trasmette a Chiara una benedizione della Vergine, ma il contrario: La Vicaria di Maria saluta Maria, e Luminosa, grazie al suo approdo nell'Aldilà, può fare da medium.
Ho scelto di approfondire una singola storia: quella di Claudio Oliva "Corim". Addirittura circola un'audiocassetta del suo funerale: chi ha registrato? Era una cosa riservatissima, per pochi eletti, oppure è stata ascoltata e meditata ad incontri di focolare, in giro per il mondo?
Ho effettuato una trascrizione dell'audiocasetta, per chi fosse interessato. Segnalo che in Youtube è visibile anche una presentazione del libro che Redi Maghenzani ha dedicato a Corim: nel finale, a partire dal minuto 59:50, potete vedere alcune foto del funerale stesso. Quindi, mettendo insieme parole ed immagini, riusciamo avere l'idea di cosa avvenga in un funerale focolarino, e non è nemmeno qualcosa di rubato: a partire da una certa data, infatti, funerali come questo sono stati trasmessi in diretta streaming.
Dalle foto è possibile capire che le esequie si tengono al Centro Mariapoli, e non in una chiesa. Malgrado le corone di fiori, l'impressione è sempre quella di trovarsi nella sala di un incontro. E difatti, proprio come agli incontri, lo spazio della liturgia sacramentale è fagocitato da quello della liturgia focolarina: il momento più importante, che viene impresso nel nastro dell'audiocassetta, è la lettura del "profilo" di Corim, ad opera di Giorgio Marchetti Fede, responsabile della branca dei Focolarini.
Come agli incontri, durante il funerale viene proiettato un video: c'è una Chiara Lubich che, con tono trionfante e addirittura ridanciano, richiama un gruppo di focolarini:
“Corim e Enzo.. ah ecco, sono lì. “ “Stanno arrivando”
Voce di Chiara:
Ciao! Corim… Non cambia niente, non cambia niente, è così! Ride. Ciao. E’ il nostro sposo…
Parla a tutti:
Ecco qua, sentiamo allora cosa dice Corim, viene Corim. Alla fine della meditazione che ho fatto, comunione d’anima, Corim, che è ammalato, tira questa conclusione:
Voce di Corim (fatica un po’ a parlare):
Chiara ci ha portato in Paradiso, rimaniamo lì, non cambia niente, diceva Chiara.
Chiara di sottofondo:
Qualsiasi cosa succeda.
Corim:
Lì, è tutta la stessa cosa.
Chiara:
Ecco, capito, popi? Capito?
Applausi.
Chiara ha tirato a sé Corim, che fatica a parlare a causa della malattia, e lo sforza perché ripeta a tutti le dichiarazioni che le ha fatto: "Chiara ci ha portato in Paradiso, rimaniamo lì, non cambia niente", e lo imbecca. Frasi per noi misteriose, che per i focolarini sono una mistica trasformata in slogan.
Nel corso della lettura fatta da Fede si ha l'impressione che Corim sia stato incalzato, se non molestato, perché comunicasse fino alla fine, ricorrendo ai gesti e alla scrittura. E' qualcosa che ho percepito anche in altri profili di mariapoliti celesti: il malato in stato ormai comatoso è circondato di compagni di focolare o di nucleo che gli ricordano le "intenzioni dell'Opera", carpiscono i suoi ultimi sussurri, sperano che si rianimi per descrivere una visione finale; abbiamo visto che Chiara Lubich vuole salutare la Madonna, un'altra sua convinzione è che il morente, prima del passaggio, veda Maria, venuta a prenderlo, e lo riferisca in qualche modo agli altri.
Buona parte del profilo di Corim è costituito dalla sua corrispondenza con Chiara, caratterizzata da dichiarazioni che, per chi non è abituato allo stile, sembrano lodi sperticate, al limite della blasfemia.
Che giornata straordinaria! Che Chiara fantastica! Mi pareva oggi di fare un po’ l’esperienza dei cieli nuovi e delle terre nuove. Chiara ci ha portati in lei lì dove davvero dobbiamo essere.
Scriveva ancora a Chiara: “Scoprendo in un modo così nuovo la nostra Mamma del Paradiso, ho scoperto che sulla terra c’era un’altra mamma, oltre alla mamma che Dio ha voluto mi mettesse nel mondo, quella mamma sei tu”.
E lui ha ripetuto tre volte “Chiara, Chiara, Chiara”. Sono state le sue ultime parole.
Chiara è lì presente, non ha nulla da eccepire su simili affermazioni, per lei sono la quotidianità. Tutti i focolarini la omaggiano così. I famigliari di Corim presenziano al funerale, almeno la mamma di lui, ma dalle foto non sembrano collocati in prima fila, né prendono la parola nel corso della commemorazione. La stessa Chiara si fa beatificare da Corim per bocca di Fede, ma non interviene in nessun momento. E' molto diversa dalla Chiara trionfante che sbatteva il microfono in faccia ad un Corim moribondo, pur di estrapolargli le ultime perle di santità. Sembra provata, indossa un paio di occhiali scuri, non ha il sorriso focolarino, come la fila di personalità del Movimento che la circondano. Giocano tutti la recita della morte che è vita e del funerale che è una festa; tutti a parte la mamma di Corim, un po' arrabbiata con il figlio che in fondo l'aveva considerata per terza, e "mamma Chiara", che sola si arroga il diritto di essere se stessa.
Tutto si ripercuote su Chiara
Negli ultimi anni di vita Chiara ha cercato di isolarsi, quasi a rielaborare in solitudine, come un fatto privato, il tanto temuto ed atteso passaggio. E' esattamente ciò di cui nessuno dei suoi popi ha avuto il diritto, per sua primaria responsabilità. Ma anche Chiara, negli ultimi giorni, viene raggiunta dai focolarini ed espropriata dei suoi ultimi momenti; nel video che potere vedere qui sopra, la finestra della sua camera è ripresa dall'esterno, nell'ora esatta del decesso, come se dei paparazzi si fossero appostati per rubare le immagini delle focolarine intorno al letto. "Serenamente si è addormentata": almeno a lei nessuno ha estorto dichiarazioni. Ma Peppuccio Zanghì fa un blitz nella stanza e le sussurra, oramai non cosciente: "Stai per rientrare nel seno del Padre". E' il momento della grande messa in prova: si confermerà la rivelazione del '49, Chiara farà il passaggio senza morire?
Il funerale di Chiara, a rivederlo ora, colpisce per la rigidità della rappresentazione: è un vero e proprio canovaccio, un palinsesto televisivo ripetuto decine di volte. La folla che arriva come al Palaeur, le branche dell'Opera in processione, ognuna con un rappresentante maschile e femminile rigorosamente affiancati, le varie personalità a rilasciare gli elogi secondo lo schema dei "dialoghi" (altre chiese, altre religioni, politici e personalità civili). Le prime compagne di Chiara siedono in prima fila con espressioni da sfingi, non versano una lacrima, ma nemmeno sfoggiano il sorriso focolarino. Per la verità, nemmeno la folla di "figli di Chiara" si abbandona troppo al dolore: sembrano soprattutto contenti di esserci, al grande evento, il distacco è completamente smaterializzato. Chiara non è nella bara, ma, come sempre, nei meravigliosi discorsi.
Una sola persona compie un'infrazione: padre Casimiro, il cappuccino che è stato compagno di Silvia Lubich nelle avventure dei primi tempi, ed anche in parecchie controversie, si china all'improvviso e dà un bacio alla cassa. Subito lo imitano popi e sacerdoti, ma mi diverto a pensare che ci sia sotto qualcosa, che quello sia stato un piccolo momento di sincerità.
Nel frattempo, però, il Gen Rosso e il Gen Verde stanno eseguendo una canzone che può risuonare tanto commovente quanto fastidiosa: "Vieni, vergine e sposa". Ve la allego qui; soprassiedo sull'ultima strofa, che basterebbe da sola a bloccare qualunque processo di beatificazione per manifesta idolatria.
E’ venuto il tempo
dolce come un canto
del richiamo del tuo Sposo lassù.
Un istante solo
e hai spiccato il volo
per l’incontro a tu per tu con Gesù.
Quello che hai seguito,
e sempre amato
ora porta la sua eredità:
tutta la sua luce,
il suo Paradiso!
E un coro immenso canta per te:
Vieni, vergine e sposa!
Vieni! Questa è la casa
che da sempre ti ho preparato quassù.
Vergine e sposa sei tu.
Vieni, vergine eletta!
Vieni madre perfetta:
la famiglia tua è d’ogni razza e tribù!
Madre perfetta sei tu.
Ora Dio si svela
nell’essenza vera,
come un giorno si è svelato a te:
un immenso Sole,
oro da ogni dove:
infiniti raggi giungono a te.
Questi raggi d’amore
ti inondano il cuore:
il tuo batte ormai con Gesù!
Hai il suo respiro,
il suo Amore Puro
che in mille toni canta per te:
Vieni…
Perla della Chiesa
sei incastonata
nel diadema dell’Eterna Maestà.
Tu nella Parola
sei la parola
che a tutti dirà sempre unità.
La tua bianca luce,
la tua chiara voce
sono un faro per l’ umanità.
Tu, come Maria
ci apri la via
perché Dio viva sempre tra noi.
Vieni
Vergine e Sposa!
"Vieni, questa è la casa che da sempre ti ho preparato quassù": che bella storia, Chiara ha visto a diciott'anni la casa di Loreto, ed ecco che finalmente il suo fidanzato Gesù gliene fa trovare una simile... Anzi, la casa è proprio il Paradiso, lo ha allestito per lei dalla notte dei tempi! E noi, tutti noi, che cosa c'entravamo con questa storia? Perché ci siamo finiti in mezzo?
"Ora Dio si svela nell'essenza vera/come un giorno si è svelato a te": non c'è margine per l'immaginazione, per il mistero, i focolarini sanno predire cosa succederà a Chiara nell'Aldilà fase dopo fase, ed è la descrizione di Dio del Paradiso '49. Nessuno ha dubbi: Chiara è rientrata nel seno della Trinità, non merita di meno, si è "indiata", per dirla con Dante Alighieri, come aveva predetto.
Dopo ogni morte focolarina, testimoniano i fax, si moltiplicano le grazie, i miracoli, i cuori toccati dall'Ideale. All'indomani del funerale di Chiara, quando il Paradiso dovrebbe manifestarsi, incomincia una fase di lungo, inaspettato silenzio. Un sorprendente vuoto, come se l'incantesimo fosse finito, e tutti andassero verso il risveglio. Assenza di lei, perdita, lutto da elaborare e separazione.
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